Recensione di Roberto Tiranti

Ci sono un’inglese, un tedesco ed un americano, ma pur sembrando il classico incipit da barzelletta, qui c’è molto poco da ridere:
Guthrie Govan: chitarraMarco Minneman: batteriaBryan Beller: bassoTre musicisti universalmente riconosciuti come leaders nei loro rispettivi settori, non mi dilungherò quindi in curricula tanto freddi quanto noiosi. 
Sono passati circa 8 anni da quel 2011 che vide questa band, i The Aristocrats formarsi, ed oggi parliamo della loro quarta fatica discografica dal titolo “You Know What…? ” , procedendo brano per brano.
“D Grade Fuck Movie Jam” apre il disco, e lo fa in modo teatrale con un groove avvincente ed incalzante, molto seventies ed a tratti funky. Interessantissimo il lavoro di Bryan, non solo nel main riff ma anche negli spunti solisti, sempre supportato da un ottimo Minneman. Govan mai fuori posto o sopra le righe.
“Spanish Eddie”: brano dal sapore spagnolo, per nulla banale o alla ricerca di facili stereotipi di iberico stile. Un ottimo arrangiamento di Beller in tapping che sfocia in uno walking bass su cui Govan sfodera una classe infinita attraverso un tipico solo blues al termine del quale l’atmosfera viene ulteriormente capovolta tornando verso la Spagna. Minneman impeccabile come sempre
“When We All Come Together”: non può non strappare un sorriso, portando l’ascoltatore in uno strano mondo sospeso fra Country e Blue Grass con un pizzico di sonorità anni ’50 e chitarre alla Shadows.Intorno ai 3 minuti e 30 il demone o dio(fate voi) della Fusion s’impossessa dei nostri tre eroi per poi tornare poco dopo fra scenari bucolici fra vacche, rodei e whisky di contrabbando.
“All Said And Done” : ci dimostra come lor Signori abbiano cura e rispetto per la melodia. Hanno scritto una canzone coi fiocchi dimostrando di non snobbare affatto l’aspetto più semplice e fruibile della musica, dato da una buona melodia, senza paura del termine “commerciale”
“Terrible Lizard”: ed ecco che la follia prende forma in una apparente non forma. Riff ipnotico, scelte armoniche davvero azzardate ma mai fini a se stesse, Minneman da prova di cosa significhi “suonare” la batteria, e Govan? Un gigante senza limiti fatto di gusto, controllo del suono, sensibilità.
“Spiritus Cactus” : ci porta in atmosfere davvero desertiche e vagamente medio orientali. Devo dire che soprattutto in questo brano, la produzione sonora ed alcune scelte di effetti anche sulla batteria, danno all’insieme una marcia in più. Impossibile non venire rapiti da atmosfere oniriche mai scontate.
“The Ballad of Bonnie and…” : brano in tempo ternario decisamente malinconico, trascinante e appassionato dove ancora una volta la melodia ha una certa importanza. Grande pathos ed energia da parte di tutti e tre.
“Burial At Sea”: ed ecco ce il gioco si fa di nuovo duro ed estremamente variegato, con atmosfere prog. Linea di basso a tratti psichedelica ed armonie degne della colonna sonora di un qual si voglia film di fantascienza. Meravigliosi i momenti in cui tutto si calma, il suono di chitarra diventa pulito e cristallino per poi ripiombare nell’oscurità. Come suggerisce il titolo, in certi momenti sembra veramente di scendere nelle profondità marine
“Last Orders”: a chiusura di un album assolutamente avvincente, abbiamo un brano ancora una volta melodico, appassionato e sincero dove i nostri tre danzano armoniosamente fra loro, regalandoci la loro visione del suono, della composizione, del gesto tecnico, del senso melodico con la semplicità di chi non ha nulla da dimostrare.
Un grande album in cui è facile capire quando questi incredibili musicisti seguano uno schema, o quando stiano jammando senza regole. Sono tre ma danno l’idea di essere un unico organismo, fanno a volte cose particolarmente complicate ma senza la voglia di sbrodolarsi addosso e/o autocelebrarsi. La loro musica trasuda gioia di vivere, autoironia a volte e senza dubbio enorme talento supportato da costante disciplina ed impegno.
 “You Know What…? ” non vi deluderà, purché abbiate la voglia di ascoltare lasciandovi andare, senza farvi troppe domande.

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