Nuovo lavoro per gli olandesi Sun Caged, combo prog capitanato dal virtuoso delle sei corde Marcel Coenen. Dopo vari demo-cd ed un full length di buona caratura, il giovane guitar hero decide nuovamente di stravolgere la line up della band, rimpiazzando tutti gli elementi che hanno collaborato alla stesura del primo disco con altri musicisti tra i quali gli ottimi Villarreal e Van Helden. Una formazione rivoluzionata ma sempre operante all’interno del versante prog, con i soliti grandi nomi (Dream Theater early days su tutti) a fungere da fonte d’ispirazione continua ed imperitura.

“Artemisia”, dunque, continua a percorrere la stessa strada dell’omonimo debutto, alternando soluzioni prettamente melodiche a stacchi atmosferici piuttosto cupi, al solito curati con grande maestria dal formidabile Coenen. Al tutto, poi, vanno aggiunte le improvvise accelerazioni di brani come “Engelbert The Inchworm” ed “Unborn” che a loro modo contribuiscono ad impreziosire e valorizzare una proposta sonora comunque molto completa ed eterogenea. Quello che non fa decollare un album di questo genere, però, è un songwriting troppo monocorde, in cui molte idee mediocri trovano inaspettatamente uno spazio discreto e gli sprazzi di genialità sono da ricercare con il famigerato lanternino. Scrivere canzoni ispirate e coinvolgenti come la bellissima “A Fair Trade” e l’iniziale e dinamica “Lyre’s Harmony” è sintomatico perlomeno di una certa intraprendenza artistica e di una buona fantasia creativa, componenti del tutto assenti nelle anonime “Bloodline”, “Dialogue” e “Doldrums”. Se poi l’ago della bilancia si mantiene inesorabilmente fermo verso la parte centrale della scala dei valori, nei confronti di questo “Artemisia” risulta davvero arduo tributare gli stessi onori del disco d’esordio o dell’episodio solista del chitarrista olandese, quel “Colour Journey” uscito sempre per Lion Music.
Probabilmente, questa volta, Coenen ha rischiato davvero troppo andando a stravolgere (per l’ennesima volta) una formazione che aveva riscosso dei risultati importanti e meritati. Attribuire il non successo di questo “Artemisia” ai soli nuovi innesti è comunque sbagliato, in quanto è proprio il processo compositivo dell’album ad essere sotto accusa… e messa in questi termini, il colpevole non può che essere uno solo.

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