Dopo alcuni mesi di distanza da “In the heart of the princess”, best of che racchiudeva al suo interno i dieci anni di carriera degli Skylark, ritroviamo la band milanese alla prese con il nuovo “Fairytales”, album che riesce, almeno in parte, a far dimenticare il deludente “Wings” riportando la mente a quelle sonorità che avevano fatto la fortuna di “Dragon’s secret” e dei due “Divine Gates”. In generale il souno della band non si scosta minimamente dal classico Skylark sound con le tastiere di Eddy Antonini sempre in prima linea a creare orchestrazioni e sinfonie a volte molto interessanti altre volte davvero scontate e piuttosto incolori. Il nuovo arrivo in casa Skylark, in altre parole la singer Kiara, è protagonista di quasi tutti i brani dell’album, scelta che si rivela poco felice per l’economia generale del cd che risente della mancanza della voce di Fabio Dozzo, presente solo nelle conclusive “Little Red Riding Hood” e “Love”, soprattutto perché la bionda donzella in questione, mi duole dirlo, non ha assolutamente la stoffa della cantante. Questa preferenza si rivela, a ogni modo, vincente in brani come la sparatissima “I’m the evil” che vede Kiara muoversi su note piuttosto alte riuscendo a sfoderare una prestazione canora sufficientemente convincente e sulla cover di Mike Oldfield, “Moonlight shadows”, riproposta dagli Skylark in versione “metallica”, ma purtroppo si rivela piuttosto incolore in brani come la velocissima opener “Music” e la dinamica “First night” che mettono in risalto alcuni suoi limiti vocali. “A rose in her hand” si rivela uno dei brani più interessanti di tutto l’album, caratterizzato da una sezione ritmica piuttosto frizzante e allegra, vede finalmente Antonini abbandonare le sue classiche orchestrazioni sinfoniche in favore di linee di tastiera più ariose e meno invasive. La successiva “Lions in the world” è il brano più brutto in assoluto di questo nuovo disco, ma ci pensa la lunga suite “Little Red Riding Hood” a risollevare le sorti del disco: finalmente Antonini concede a Fabio Dozzo la possibilità di cantare e il pezzo non ci impiega davvero nulla a decollare tra continue accelerazioni, ritmiche indiavolate e parti più sinfoniche che si alternano a lunghi momenti strumentali ricchi di solos ed orchestrazioni che in molti casi rimandano con la mente alla “cugina” “Light” presente su “Dragon’s secret”. La conclusiva “Love” è infine un pezzo diviso in due parti, la prima vede un “virtuoso” Antonini al piano accompagnare un ispiratissimo Dozzo alla voce, mentre in seguito il pezzo diventa improvvisamente “power oriented” per un finale d’album con i botti.

Insomma, “Fairytales” lascia indietro il brutto ricordo di “Wings”; gli Skylark tornano con un nuovo album che si rivela sicuramente migliore del precedente: le chitarre finalmente sono davvero incisive e in generale i suoni dell’album risultano buoni. Per chi ama da sempre gli Skylark quest’ album rappresenta una nuova conferma, per chi li ha sempre odiati, “Fairytales” conferma ancora una volta l’ennesimo fiasco della band milanese.

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