Dopo l’annuncio dell’estate 2004 dello scioglimento del gruppo, gli Shining si ripresentano nel 2005 con una nuova, emozionante tappa del loro percorso musicale. Mossa commerciale o meno, siamo ormai alla quarta prova di questo gruppo, che da quando è nato nel lontano ’97 è sempre stato il baluardo più solido e importante di uno stile di black metal nato proprio con esso, quello che passa sotto il nome di “suicidal” black metal. Se questa etichetta può sembrare eccessiva o perfino ridicola a coloro che non praticano di frequente questo campo, basterà un semplice ascolto alle note annichilenti, alienanti e ossessive di questo ultimo lavoro per accorgersi di quanto efficace sia tale marchio. The Eerie Cold segue perfettamente la filosofia destabilizzante e malata del passato, fondando tutto il potere seduttivo in riff che seguono un andamento a metà strada fra quello lento e riflessivo di Livets Ändhållplats e il carattere più distruttivo di Angst, Självdestruktivitetens Emissarie. Non mancano le pulsazioni frenate e lisergiche di brani che sanno essere contemporaneamente mortiferi e struggenti, non mancano neanche le urla sguaiate e disperate di Kvaforth, che sa farsi ancora una volta abilissimo bardo della Depressione e della Negatività più profonda. Forse in questo caso tocca vette ancora più estreme facendo diventare il suo grido L’Urlo straziato dell’umanità tutta, compresa in un album che sembra essere un manifesto lucido della miseria. Gli Shining quindi non sono cambiati, la loro musica è sempre malinconica, elegiaca, medium per spiriti sull’orlo della crisi, tanto è modellata da una materia nera e porosa, capace di cogliere, grazie anche alla registrazione sempre leggermente graffiata, tutte le emozioni volubili che attraversano l’uomo in stati malsani. L’unico aspetto che potrebbe risultare non immediato per molti ascoltatori è la voce di Kvaforth, che qua si è fatta più dolorante ed angosciante e per questo più insidiosa e meno digeribile.

Un lavoro che è una perfetta continuazione degli album precedenti, che si innalza per dei riff che riescono a irretire l’animo con una facilità sconcertante. Se si possa parlare di resurrezione o meno è presto per dirlo, ma sicuramente il talento non è stato perso e la parola da loro usata, la musica, è splendente e cinica come sempre.

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