Sono tornati, due anni dopo la precedente relase, gli Shadows fall, band capostipite o comunque portabandiera del Metalcore moderno e oggi qui con un nuovo lavoro che farà parlare, in bene e in male.
Parto subito col dire che io ne parlo in bene. Si, perchè i nostri, capita forse l’antifona che il mercato stava dando sul puro metalcore, o semplicemente seguendo gli istinti che caratterizzano i membri di una band e che è normale possano variare col tempo qui ci dona un album molto più vicino al Thrash metal che al Metalcore, con influenze molto più vicine agli Anthrax, pur non snaturando completamente il proprio suono. Diciamo che lo stesso è variato in maniera decisa verso una nuova rotta, certo non ancora raggiunta (e che forse non vuole essere raggiunta) ma decisamente più vicina oggi di un tempo.
L’album presenta il consueto alternarsi di voce pulita a voce aggressiva e growl, cori quà e là, e musica violenta e decisa, con un ruolo fondamentale per l’eccezionale drumming, realmente notevole, una mitragliatrice calda in piena battaglia.
Niente male nemmeno gli assoli di chitarra mentre per il cantato abbiamo già accennato alla notevole duttilità del singer “rastaman” Brian Fair, che ancora una volta si mostra quale cavallo di razza su cui puntare sempre ad occhi chiusi.
Apertura classica, con ouverture e subito dopo attacco aggressivo, per una song di apertura che molto ricorda i Trivium, anche per la voce di Fair a tratti pulita e metallica.
Mai titolo fu più azzeccasto di “War”, song indiavolata, che dopo una partenza imponente si apre a assoli di chitarra fino al rallentamento intermedio, che si espone ancora ad un valido guitar-solo.
Più canonica ma sempre convincente invece “King Of Nothing”, che colpisce per i malinconici tratti alternati a esplosioni di energia, anche qui basate sull’asse vincente drumming sfrenato-chitarre.
Rimarco invece per la sua peculiarità “The Taste Of Fear”, dove una volta tanto non si pensa a pigiare a fondo il piede sull’acceleratore, per una canzone più riflessiva (ma sempre decisa) e quasi fuori contesto, con un pizzico di P.O.D. miscelati a Death Metal, ma dal ritornello semplice e orecchiabile, prima del finale, dove i musicisti si prendono tutto lo spazio che desiderano, creando intrecci sonori di assoluto rilievo. Concreta.
Occorre ancora rimarcare l’ottima “Embrance Annihilator”, dove il gioco veloce-lento viene proposto più volte in un susseguirsi di stop and go, alternati addirittura da chitarra acustica a spezzare in modo netto il ritmo portante per aprire finestre di tranquillità relativa prima delle sferzate di metallo puro.
Si vola poi su altre song veloci che nulla aggiungono a livello di novità a quanto detto in apertura, ma che alla fine ci consegnano un album certamente ben suonato, forse uno dei punti più alti della carriera dei nostri sotto questo punto di vista, e altrettanto ben masterizzato, con produzione attenta a non lavorare troppo sui suoni, per lasciarli grezzi e diretti, ma allo stersso tempo miscelandoli e dosando i cori in maniera ottima e puntuale. Un buon lavoro davvero.
Il ponte tra passato e futuro degli Shadows Fall?

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