“Ah che bello il nuovo album dei Judas Priest!”. Questa è stata la mia prima esclamazione sentendo le prime note dell’album. Ma ciò che avevo inserito nel lettore non era assolutamente il nuovo lavoro dei Judas ma il quinto in studio dei bravissimi Seven Witches. Il gruppo capitanato da Jack Frost prosegue quindi il discorso intrapreso con il precedente “Passage To The Other Side”: Judas Priest a manetta (d’altronde le prime due parole che vengono pronunciate da Rivera sono proprio “Judas Priest”, se non ho capito male non avendo i testi a disposizione) con sprazzi di Iron Maiden quà e là.
La recensione potrebbe benissimo chiudersi qui perchè l’originalità dei brani è veramente infinitesimale: non c’è singolo passaggio, acuto di James, riff o soli di Frost che non si possano ricondurre al gruppo britannico.
Per molti questo sarà quindi un lavoro assolutamente superfluo, fastidioso, repellente, ma per quanto mi riguarda quando sento il bravissimo Rivera cantare sugli accativanti riff di Jack non riesco veramente a spegnere il lettore cd e devo continuare l’ascolto del cd dall’inizio alla fine in ciclo.
Come non mettersi a cantare a squarciagola in “Metal Asylum” o scuotere la capoccia nella grintose e veloci “Year Of The Witch” e “Fires Below”? Veramente accattivanti le cavacalte ed i ritornelli di “Cries Of The Living” e le melodie “catchy” di “If You Were God”. Piuttosto mediocre è invece la ballata “Can’t Find My Way”. Che voglia sottintendere che Frost e soci non riescano, o non vogliano, a trovare un loro stile personale?
Per questo nuovo lavoro il chitarrista ha voluto anche inserire un lunghissimo e ambizioso brano suddiviso in otto atti. Per la verità i brani non rendono granchè bene l’idea di un unico pezzo tanto sono differenti e non ben collegati, se non per il tema che ruota attorno alla figura di Jacob.
Musicalmente: “Voice Of Jacob” pesca a piena mani dai Maiden, “Haunting Dreams” e “The Prophet” sono invece due brani più “thrashy oriented” uniti ai grandissimi vocalizzi di Rivera e a soli di maideniana memoria.
I restanti atti sono solamente degli intermezzi o musicali o parlati dal dubbio valore, purtroppo.

Questo quinto lavoro delle “sette streghe” è ovviamente un lavoro consigliato per i fanatici dei Judas, per fanatici di sonorità e produzione orientate agli anni ottanta con tanta tanta voglia di scuotere la testa.
Per chi invece cerca lavori più personali invito a cercare altrove perchè questo dischetto non fa per loro.
Veramente impossibile resistere alle sette streghe. …e questo è l’anno della strega!

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