Ci risiamo! Partiamo da un presupposto: fare un disco peggio di “Shadowmaker” (il prececente album dei Running Wild) sarebbe stato pressoché impossibile.
Ecco che Rolf e soci pubblicano questo nuovo “Resilient”: il tanto sbandierato ritorno alle origini, giusto per rassicurare i fans (posso immaginarmi il flop commerciale di “Shadowmaker”…).
In effetti (specie se confrontato col precedente album) in “Resilient” si odono, a tratti, echi dei tempi che furono. Bene, direte voi. Parte del groove e dei cori tipici dei Running Wild vengono recuperati e sbattuti allegramente in faccia all’ascoltatore. Il problema è che per forza di cose il paragone col passato diventa inevitabile: soluzioni e suoni adottati anni (e anni) fa e meglio!
“Resilient” non è nient’altro che un contentino, futile gesto di redenzione per aver pubblicato un abominio come “Shadowmaker”! Un disco messo insieme in fretta, scimmiottando un rispettabile passato. Guardate anche la copertina: la classica facciona della mascotte della band su sfondo contornato da fulmini. Della serie: andiamo sul sicuro e sbattimento zero…
Canzoni che si assestano tranquillamente su un livello di mediocrità trascurabile. Qualche pezzo carino c’è, come Desert Rose in cui la chitarra di Rolf ci regala ancora qualche lick indovinato e un coro da canticchiare. Non male nemmeno la rocciosa Fireheart che richiama inequivocabilmente il passato della band, in cui la chitarra torna a graffiare (bello anche il solo). In chiusura la lunga Bloody Island che pur non essendo malaccio non è paragonabile per esempio a una Ballad Of William Kidd (tanto per citare una metal suite a caso).
In definitiva “Resilient” è un album senza infamia e con pochissima lode, che avvalora la (saggia) decisone di qualche anno fa di ritirarsi dalle scene. Il disco è consigliato solo ai die hard fans più accaniti che non voglio perdere nulla di quando prodotto dal pirata Rolf (e che magari grideranno pure al miracolo). Per gli altri, consiglio senza problemi di bypassare il tutto: quando avrete voglia dei Running Wild “Black Hand Inn” e “Pile Of Skulls” sono lì, e non tradiscono mai!

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