Non è certo un nome da copertina quello di Robert Berry. Questo rispettato sessionman della scena prog americana, si è costruito una discreta fama come produttore della Magna Charta Records, nonchè come compositore attraverso una soccinta carriera solista inframezzata da collaborazioni di rilievo con nomi del calibro di Emerson, Lake & Palmer, i GTR di Steve Hackett e Ambrosia.
Robert Berry mette sul mercato tramite la nostrana Frontiers Records, questo “the dividing line”, lavoro sopraffino tutto rivolto al rock melodico piuttosto che al progressive. Due mondi che solo apparentemente sembrano distanti e che, sopratutto oltreoceano, spesso collimano e si influenzano a vicenda come dimostrano le evoluzioni stilistiche di mostri sacri quali Journey e Kansas.
Il trittico iniziale sarebbe già sufficiente a far gridare al miracolo. Quelle che si susseguono sono infatti autentiche gemme di rock melodico che richiamano i gruppi già citati. Balza subito all’orecchio la freschezza delle composizioni che a dispetto del genere proposto non risultano né ruffiane né scontate. Un ottimo esempio è “one good man”, vero e proprio highlight del disco per chi scrive,in cui la chitarre elettriche e acustiche si alternano su un tempo cadenzato che evidenzia tutta l’espressività della voce di Berry. I pezzi più tipicamente AOR come “listen to the people” richiameranno alla mente l’America degli anni ’80, ricchi di trame melodiche e incalzanti quanto basta per stamparsi nella testa di chi ascolta. Degna di nota anche la Bostoniana “a live worth livin’”, una di quelle melodie che tanto hanno spopolato nelle radio a stelle e strisce, da ascoltare in auto col finestrino abbassato, volume a palla mentre fuori c’è il sole. Non c’è un pezzo in cui il buon Barry non metta in mostra tutta la sua abilità compositiva. Sul finale c’è spazio anche per qualche vaga sperimentazione elettronica che porta valore aggiunto a un lavoro già di per sé eccellente. Dischi come questo solitamente fanno il giro di pochi intimi per poi andare a prendere polvere su qualche scaffale, ma in questo caso ci sono tutte le premesse affinchè le cose vadano diversamente. Il rock americano è un genere che, se riveduto e corretto, può dare ancora molte soddisfazioni e Robert Berry su questo disco ne fornisce una dimostrazione lampante.
Consigliatissimo.

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