Il polverone sollevato dall’incredibile exploit di “Out Of Myself”, primo capitolo discografico di questi Riverside, ha sin da subito catapultato le luci della ribalta sull’operato dei cinque polacchi in esame. “Second Life Syndrome”, la nuova opera della band, ripercorre grosso modo la stessa strada del suo predecessore, sfiorandone la qualità eccelsa e l’insita emozionalità di fondo. Di nuovo un lavoro di grande spessore, quindi, per una band che al secondo disco in studio dimostra di possedere già tutte le carte in regola per appropriarsi di ciò che le spetta di diritto, un posto tra i nomi che contano. Che poi questi ragazzi facciano palese riferimento a band quali Opeth, Anathema, Porcupine Three (fonti di ispirazioni continue e fondamentali), ai pionieri del prog anni ’70 (omaggiati a più riprese in questo “Second Life Syndrome”) o alle compagini di spicco del rock intimista e riflessivo ha poca importanza, ciò che veramente rende entusiasmante un lavoro di questo tipo è la fantasia e la creatività che ne animano ogni singolo passaggio. Un reiterato e liberatorio viaggio interiore che fa ammassa di qualsiasi emozione esperibile, dalla gioia alla tristezza, dalla nostalgia alla malinconia.
A volte tremendamente complessi, a volte affascinanti come solo gli Opeth di “Still Life” hanno saputo essere, comunque sempre in prima linea in fatto di qualità e pregevolezza delle proprie composizioni. “Conceiving You”, molto simile a ciò che Åkerfeldt e soci ci hanno presentato in “Damnation”, “After”, una vera e propria iniziazione mistica, o le stupende e camaleontiche “Second Life Syndrome” e “Dance With The Shadow”, suite musicali di smisurata bellezza, tutti episodi meravigliosi che contribuiscono enormemente alla riuscita finale di questo disco.
Un lavoro, questo in esame, che non smette di stupire neanche sui passaggi più ostici e difficoltosi, come in “Reality Dream III”, vera e propria spirale di tecnicismo ed imprevedibilità. In conclusione, quindi, “Second Life Syndrome” conferma pienamente le qualità compositive e strumentali dei Riverside: sebbene non goda dello stesso brio che caratterizzò, al tempo, “Out Of Myself”, questo splendido lavoro non mancherà di affascinare ed emozionare quanti amano la commistione tra progressive e melodie oscure.

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