Grigio, fumoso, distante, ammaliante… sono molti gli aggettivi che si possono dare a “Il Rumore Delle Cose”, secondo lavoro dei Neronoia e ideale prosecuzione del debutto “Un Mondo In Me” (come indicano anche i titoli delle tracce, una semplice numerazione da “XI” a “XX”), ma questi quattro sono i primi che mi vengono in mente ogni volta che tento di dare una definizione. L’ascolto dell’apertura del disco d’altronde rende inutile qualsiasi parola e descrive perfettamente quello che si andrà a sentire: atmosfera livida e caligginosa, suono distante ma sentito, una sensazione di grandiosa disperazione che aleggia su tutto. Sono queste le coordinate su cui si muove “Il Rumore Delle Cose”, una lucida analisi del male di vivere, una coltre prodotta dallo spurgarsi dell’anima, soffocante ma catartica. Non è facile definire la proposta dei Neronoia, possiamo chiamarla dark wave ma in essa si trovano dell’industrial e dell’ambient, del post rock e persino una vena cantautorale (adattissima a mio avviso la scelta dell’utilizzo della lingua italiana, l’effetto delle parole che si stagliano sul tappeto sonoro è conturbante ed affascinante). I dieci brani che compongono “Il Rumore Delle Cose” sono un viaggio andata e ritorno in una nube grigia di rassegnazione illuminata qua e là da confortanti sprazzi di luce, un’esperienza che chi ama certe sensazioni non può non apprezzare.

I Neronoia sono quindi qualcosa di più di un semplice progetto dei Canaan e dei Colloquio, sono un’entità ben definita dotata di personalità e di una propria autonomia. Per quanto mi riguarda la cosa migliore sentita nella prima metà del 2008.

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