Notte eterna. Una collocazione secca, fredda, rigorosa. E’ da qui che decidono di ripartire i Moonspell all’alba del nono full-length di una carriera inattaccabile, coerente e superiore sotto ogni punto di vista. E’ così che i quattro lusitani scelgono un’ambientazione amica, fedele per ripartire, dando ancora una volta senso e vita propria ad un’opera che in mano ad altri sarebbe stata una mera riproposizione di temi sicuri.
In questo caso, invece, si parla di artisti: veri, concreti, ispirati. Musicisti che arrivano alla concezione di un album per dar corpo alla propria vena artistica, creando qualcosa di naturale, reale e mai forzato, prolisso o eccessivo. Nove brani che partono proprio da quella notte, femme fatale della band portoghese e da sempre protagonista di ogni loro gemito. E’ essa che, a partire dallíartwork, guarda negli occhi dello spettatore di turno in maniera severa, intimidendolo e cullandolo nella sua morsa insieme oscura, sensuale e materna. Un tema omogeneo e continuativo che trova il suo più grande riflesso in una musicalità che, alla ferocia degli ultimi anni, riesce ad accoppiare una ritrovata sensualit‡ sparita da tempo. Sensazioni che si rincorrono in una parabola di ossimori sonori che si scambiano di continuo il testimone, offrendo episodi incalzanti e violenti come la title-track e passando per apici di pathos come la delicata “Scorpion Flower”. Nel brano in questione, scelto come singolo apripista per l’album, un Fernando Ribeiro sempre in splendida forma duetta con la bravissima Anneke Von Giesbergen in una perla dal sapore poetico, solenne e romantico. Sensazioni che, unite all’immancabile gusto per il folclore che ha sempre caratterizzato i nostri, formano un quadro immaginabile una volta noto lo stile della band ma non per questo prevedibile o scontato. Per questo e per il modo in cui è concepito, “Night Eternal” è un disco ancora una volta unico nel suo genere. Attraverso i brani proposti, non si scampa da una morsa che spinge chi ascolta nel buio e nel terrore più assoluto, da un bagaglio emozionale travolgente, da una carica erotica musicalmente irraggiungibile. Riff taglienti e gelidi; climax sinfonici incredibilmente profondi; tempi sorprendenti e quasi rubati ad un tribalismo selvaggio ed istintivo; l’ugola magistrale di un traghettatore come Fernando Ribeiro abile tanto nel cullare quanto nel gridare, tanto nel fingersi mieloso quanto nel colpire in maniera impietosa. Ingredienti dotati di un’alchimia al limite del magico, grazie ai quali ogni appunto su particolari tecnici, produzione e decalogo del bravo musicista appaiono ridicoli e deteriorati da una globalità eccezionale.
Un risultato che affascina al primo ascolto e si spoglia lentamente lasciandosi scoprie di volta in volta, come una donna seducente e sicura del suo fascino; come quella “eterna notte” in cui e di cui ti innamori sperando che l’alba non venga mai.

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