Lo ammetto: ho smesso di seguire i Korn da un bel po’, circa dall’inizio del nuovo millennio, quando con “Issues” siglarono un disco che, per quel che riguarda la mia personale formazione musicale, è stato fondamentale. Da allora ho perso le tracce della band americana, pur seguendola da lontano ed essendo al corrente di ciò che è successo dall’abbandono del chitarrista Brian “Head” Welch fino ad oggi. Di conseguenza questa recensione mi ha portato via molto tempo, cioè quello necessario ad aggiornarmi al presente, ed il presente guarda al passato o, come recita il titolo di questo nono lavoro, ci tiene a riallacciare i ponti con un sound che negli anni si è andato a perdere.
Come tutti i fenomeni di moda, il nu metal ha mostrato la corda già tempo addietro e solo le band veramente valide sono state in grado di reggere il peso di un successo esorbitante, mentre quelle con basi inconsistenti sono capitolate malamente dal piedistallo che i dati di vendita avevano loro creato. I Korn, ma anche i redivivi Limp Bizkit (ai primi legati dal fatto che Fred Durst era il tatuatore di Jonathan Davis) oppure gli italianissimi Linea 77 sono esempi di gruppi che, chi più chi meno, hanno tenuto duro o, comunque, hanno saputo rinnovarsi a sufficienza (soprattutto gli ultimi, in verità) da costruire un percorso artistico sufficientemente a sé stante e personale da sfuggire a catalogazioni facili.
Ma torniamo a questo “III-Remember Who We Are”. Il nuovo lavoro dei Korn vorrebbe essere, come già detto, un ritorno al passato, un ritrovare la propria identità artistica dopo un periodo di crisi nera sia umana che compositiva. Da notare il fatto che ho usato il condizionale in quanto lo scopo prefissato è sicuramente raggiunto, ma con risultati che rasentano il ridicolo. Se da un lato abbiamo una parziale riscoperta delle radici, dall’altro c’è da dire che da una band come i Korn ci si sarebbe aspettati un passo avanti, non uno indietro e che il fatto di guardare al passato sia solo un modo come un altro per dire: “Non abbiamo più idee nuove, quindi ripeschiamo qualcosa che abbiamo già fatto e schiaffiamolo in un disco nato solo per farci pagare le bollette.”. Brani scialbi, piatti e privi di quel mordente tipico anche dei periodi più bui della carriera dei Korn sono quelli che compongono l’ossatura di un disco privo di un qualsivoglia highlight ed assestato su livelli generalmente mediocri. Nemmeno il basso di Fieldy riesce a dire qualcosa di interessante ed il nuovo entrato Ray Luzier alla batteria svolge il suo compito in maniera certamente impeccabile, ma priva di sentimento ed anima.
Insomma, “III-Remember Who We Are” è l’ennesima riprova che il fenomeno del nu metal è stato solo una meteora durante la fine degli anni ’90 e l’inizio del secolo e che ormai altro non rimane che un ricordo di quello che, forse, è stato veramente solo un fenomeno di moda, nient’altro.

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