Dopo aver dettato legge negli ultimi quindici anni in ambito death melodico, la Svezia continua a dire la sua anche sul fronte del rock (o metal) progressivo. A dare manforte alla punta di diamante Pain Of Salvation, ci sono gruppi come i Flower Kings e i numerosi side project che da esso prendono vita come tradizione prog vuole. Uno di questi risponde al nome di Karmakanic e con questo “who’s the boss in the factory?”giunge al terzo capitolo della saga. Capitanato dalla sezione ritmica della band madre, in particolare dell’eclettico bassista Jonas Reingold, il progetto si avvale ancora della presenza di Goran Edman dietro il microfono, vecchia e sfortunata conoscenza di Yngwie Malmsteen sul finire degli anni ’80. Il punto di partenza non poteva che essere il sound dei Flower Kings, nel bene e nel male, con la differenza che quì il sound è meno “stantio” e monolitico,fatto questo che attribuisce alle composizioni una certa scioltezza; i 20 minuti dell’iniziale “send a message from the heart” sono l’unica concessione al prog d’annata fra lunghe parti strumentali, cambi di tempo, uno splendido finale in crescendo e tutto quanto richiederebbe il perfetto manuale del rock progressivo; eppure, è evidente dai primi minuti la tendenza a smorzare i ritmi e a non appesantire il discorso con inutili tecnicismi; allo stesso tempo desta sorpresa vedere Goran Edman così a suo agio in un contesto per lui apparentemente inusuale. Nella successiva “let in hollywood” sono il groove e gli arrangiamenti moderni a farla da padrone, ma il pezzo da novanta resta sicuramente la title track, un incalzante boogie rock ispirato al Roger Waters di Amused to Death, dalla struttura relativamente semplice nonostante i suoi tredici minuti di durata. Atmosfere pinkfloydiane fanno capolino anche nella successiva “two blocks from the edge”caratterizzata da ottimi innesti acustici e da un pregevole assolo di sax. La chiusura è affidata alla cadenzata e cupa eternally, arricchita da una bella melodia di fisarmonica. Questo “who’s the boss in the factory” è un disco apparentemente concepito ad uso e consumo esclusivo degli appassionati; tuttavia, vuoi per alcune soluzioni compositive di spessore, vuoi per i decisi richiami al sound tipicamente rock dei Pink floyd, ci sentiamo di consigliarlo anche a chi con certe sonorità ha meno confidenza.

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