A chi dice che il doom è morto rispondo “Isole”.
Questo quartetto svedese dopo aver pubblicato due album, un 7″ e una riedizione del loro secondo lavoro con traccia aggiuntiva per la I hate records, tornano con questo quarto album pubblicato per la Napalm records.
Ufficialmente si presentano come band metal generica, ma già al primo ascolto la vena doom si nota prepotentemente.
Lo stile è personale e innovativo.
Bryntse è un singer dalle ottime capacità e il supporto dato da Olsson, Lindenmo e Lindström è di altissimo livello. La voce, quasi sempre in pulito, è sapientemente usata per creare paesaggi emotivi di rara e oscura bellezza, viaggiando su melodie cadenzate, pesanti quanto un drappo di velluto nero. Ogni riff è stato suonato perfettamente e con tecnica ineccepibile, ma soprattutto denotando un accurato studio compositivo dove ogni passaggio ha funzioni fondamentali all’interno dell’effetto globale. Non esistono punti di transito inutili, ma solo un preciso snodarsi delle intenzioni espressive della band in una scenografia curata nel minimo dettaglio e omogenea, una scenografia dove ogni nota è fondamentale.
Procedendo nell’ascolto, oltre alla pulizia del suonato e alle grandi doti evocative dei brani, qualcosa suona familiare alle mie orecchie e scavando nei ricordi trovo frammenti di vecchie band che riecheggiano tra le note degli Isole: mi riecheggiano in mente nomi quali My dying bride, Gjallarhorn, Falkenbach e Nile in testa. Alzando il volume e prestando attenzione trovo richiami alle succitate band in svariati passaggi, ma sempre mescolati con grande capacità professionale ed evidentissima bravura a creare qualcosa di nuovo e memorabile.
Come se non bastasse, sebbene le songs siano state composte ed eseguite con durate ampiamente al di sopra della media (variano tra i 6,15 e gli 11,25), non divengono mai noiose o pretenziose, anzi ogni canzone è piacevole e coinvolgente fino all’ultimo secondo.
La produzione ovviamente si mantiene sugli standard cui ci siamo abituati e ciò che ne deriva è un cd memorabile da inserire senza porre indugi in una discoteca metal che si rispetti.

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