Dopo il mezzo passo falso di “No prayer for the dying” è tempo per gli Iron Maiden di tornare in pista con un nuovo album. È il 1992, infatti, e “Fear of the dark” esce prepotentemente sul mercato mostrando una band finalmente “risorta” e autrice di un disco che spazza via i dubbi e le delusioni del precedente album. La mancanza di Smith continua tuttavia a sentirsi e mancano quelle fresche melodie che da sempre caratterizzano le canzoni dei Maiden; il tocco di Gers, infatti, è meno immediato, più sporco e grezzo e proprio per questo il sound della band muta nuovamente allontanando, di un passo ancora, la Vergine di Ferro da quelle sonorità che l’avevano resa famosa anni addietro.

Da questo disco sono estratte un gran numero di canzoni ancora oggi suonate in gran parte delle arene di tutto il mondo come la potentissima opener “Be quick or be dead”, che vede un Bruce Dickinson aggressivo e completamente opposto e carico di grinta rispetto al precedente album; la cadenzata “From here to eternity”, la lenta “Waisting Love” o ancora la lunghissima e melodica “Afraid to shoot strangers” e uno degli inni metal per eccellenza che non mancano mai a un concerto della Vergine, “Fear of the dark”. La produzione è nettamente migliore sotto tutti i punti di vista rispetto a “No prayer for the dying” e anche la band sembra aver ricominciato a ingranare sfornando canzoni accattivanti e riff che colpiscono subito per la loro immediatezza come capita con “Judas be my guide”, dalla sua struttura semplice e diretta, capace di coinvolgere subito l’ascoltatore o ancora con la rocciosa “Chains of misery” o con “Childhood’s end” che dopo un melodico intro di chitarra lascia spazio al ruggito del basso di Harris che domina incontrastato per tutta la sua durata. Qualche episodio un po’ incolore come ”The apparition” o la “strana” “Fear is the key” rendono quest’album non proprio una pietra miliare del genere tuttavia “Fear of the dark” scorre via piacevolmente e arrivati alla fine si ricomincia l’ascolto guidati dalla voglia di immergersi nuovamente all’interno di questo nuovo capitolo della saga maideniana.

“Fear of the dark” rappresenta un punto di arrivo per i Maiden: dopo il consueto tour Bruce Dickinson darà l’addio alla band per gettarsi a braccia aperte in quella che sarà una carriera solista dai risvolti più negativi che positivi mentre la Vergine cadrà all’interno di un vortice senza fine con l’ingresso del patetico Blaze alla voce. Sarà poi Bruce, molti anni dopo, a riportare nuovamente in vita la band, grazie al suo rientro in pianta stabile assieme al vecchio compagno di squadra Adrian Smith.

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