Su ogni minimo particolare, coraggiosi ed oltraggiosi. Il gioco di parole suona male ma rende alla perfezione quello che è lo status maturato oggi, dopo svariate e sorprendenti metamorfosi, degli Infernal Poetry. E’ così che, in un calderone di sapori tanto variegati quanto schizzati, tutto sembra ordinato e saldamente controllato dalla folle mente creativa dei cinque marchigiani.

Una cura per l’aberrante che li insegue nei particolari, siano essi ottici, sonori o quant’altro. In questo modo accade che il fatto di servirsi, per l’artwork, del magistrale tratto di Lorenzo Mariani diventa un ulteriore viatico per dimostrare quanto quella pazzia sia matura, voluta ed inseguita fin dal biglietto da visita che può rappresentare una copertina. Se quella del full precedente rappresentava la sofferenza ed il disagio senza speranze di una mente malata, quella di “Nervous System Failure” rappresenta la sua esplosione incontrollabile. Chi mastica di cinema comprenderà il parallelo che accosta questa evoluzione a quella avvenuta nel Mental Hospital di Salem dopo l’arrivo di Randle Patrick McMurphy. L’allucinazione ed il delirio che già c’erano ora diventano predominanti, voluti, caratteristici, mettendo le radici in ogni singolo anfratto, sonoro e non, del disco. La sorpresa è, complice tempi d’uscita piuttosto lunghi, anni luce inferiore rispetto a quella prodotta dall’irraggiungibile BTU, benchè qualità e voglia di provarci rimangano di prim’ordine. Questa nuova uscita prende intelligentemente le distanze dal capolavoro che l’ha preceduta evitando il clone ed avventurandosi nella difficile foresta dell’evoluzione che osa. La visione del chaos si estremizza e prende il sopravvento su tutte quelle influenze musicali a cui si potevano precedentemente ricondurre gli ascolti della band. Il disco appare così tanto oppressivo quanto fresco, tanto maturo quanto moderno, tanto fuori controllo quanto ragionato, complice un’osservazione sonora precisa e raffinata. Addio dunque a quelle poche tracce death di stampo europeo rimaste e spazio ad un sound non esattamente nuovo, ma originale e moderno, fatto di scelte noisy, giri ossessivi costruiti da basso e chitarra ed un occhio velatamente strizzato ad influenze più giovani ricercate nel mondo del (…)core. In questo contesto, la voce sempre più tagliente, sottile e graffiante di Paolo Ojetti accoglie la sfida lanciatagli dagli strumenti e, con un piglio estremamente versatile ed oppressivo, si impone come quella del perfetto narratore della storia intrapresa da questi tredici brani.

Il forte ossimoro della perfetta follia rappresenta al meglio ciò che gli Infernal Poetry ci offrono questa volta in un disco che, piaccia o meno, presenta qualità oggettive che ne fanno un prodotto consigliabile e ricercato.

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