Bello bello! Sì, lo so, non è il modo più professionale per iniziare una recensione! Ma il fatto è che questo nuovo “Plagues Of Babylon” degli Iced Earth mi ha davvero colpito favorevolmente.
“Plagues Of Babylon” ci restituisce i migliori Iced Earth, che mischiano sapientemente il vecchio e il nuovo. Non mancano infatti pezzi oscuri e bordate metalliche al limite del thrash, ma le armonizzazioni e le classiche cavalcate maideniane mettono ben in evidenza anche l’aspetto melodico della band americana.
“Plagues Of Babylon” si presenta come un concept per la prima parte del disco (un fanta-horror dai toni biblici per le prime 6 tracce), mentre la seconda parte tratta temi slegati tra loro, benché l’aura cupa rimanga costante per tutta la sua interezza.
Il disco si apre proprio con la titletrack che, in questo caso, mette in risalto prevalentemente l’aspetto oscuro e pesante dell’album grazie ad un incedere cadenzato e possente, e ai caratteristici riff granitici di Jon Schaffer. Il coro, dal mood quasi dannato, ci riporta alla mente gli Iced Earth più epici e maligni.
Non mancano pezzi più diretti e d’impatto, come Democide e Resistance, autentiche mazzate. Ma gli Iced Earth si esprimono alla grande quando miscelano la loro furia metallica con tratti marcatamente melodici, come nel caso di The Culling, metal song dal coro decisamente cantabile, o Peacemaker, sicuramente il brano più catchy del disco, dalla forte verve melodica.

Plagues Of Babylon: tutte le edizioni

“Plagues Of Babylon”: tutte le edizioni

Un altro degli highlight è sicuramente Cthulhu, canzone più elaborata, nel pieno stile della band, con la parte iniziale lenta e arpeggiata per poi esplodere in territori decisamente heavy. Il coro si rivela nuovamente epico ma con una forte melodia di base in contrasto coi momenti più metallici. Da sottolineare anche la buona performance del cantante Stu Black, ormai alla terza pubblicazione con la band (se includiamo anche il “Live In Ancient Kourion”): non avrà l’estensione vocale di Matthew Barlow o gli ‘acuti’ di Ripper Owen, ma nei toni medi e bassi offre davvero una grandissima prova, ricca di interpretazione e pathos, ricordando appunto il dimissionario Barlow.
Potrei continuare citando la power-ballad If I Could See You, in cui nuovamente eccelle Block, o il classico lento Spirit Of The Times (cover dei Sons Of Liberty, progetto solista di Schaffer), ma la verità è che in “Plagues Of Babylon” non ci sono filler, tutti i brani funzionano e sono caratterizzati a dovere. L’unico neo, a voler essere pignoli, è la proposizione della cover del classico country Highwayman: per carità, niente di sbagliato, ma del tutto estranea all’atmosfera del disco. Poco male, davvero.
Gli Iced Earth, pur senza strafare, confezionano un album decisamente valido e a tratti esaltante, assolutamente consigliato ai fans del gruppo e a chi ama un robusto heavy metal impreziosito da cavalcate epiche e dalla giusta componente melodica.

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