1987. Keeper Of The Seven Keys – Part I
1988. Keeper Of The Seven Keys – Part II
2005. Keeper Of The Seven Keys – The Legacy
A distanza dall’ultimo “Keeper” i furboni tedeschi si ripresentano a noi con un nuovo “Keeper”. E’ proprio vero che ormai siamo nell’era del marketing, nell’era della pubblicità, nell’era della furbizia assoluta. Tra miliardi di titoli possibili dovevano proprio andare a scomodare un titolo tanto importante? Come si è già ampiamente discusso al tempo della presentazione del titolo del nuovo album, gli Helloween o fanno il botto o fanno un flop più grande di Chameleon. Quest’album non lo si può minimamente accostare ai due precedenti capolavori, già solo per l’assenza di due grandi personaggi quali Kai Hansen e Michael Kiske. In realtà questo potrebbe essere il meno, forse, ma sicuramente gli ascoltatori si aspettano un qualcosa di clamorosamente ottimo, di qualcosa che possa segnare nuovamente una tappa.
Con tutta tranquillità si può affermare che questo non è assolutamente accaduto, anzi, personalmente trovo che il livello qualitativo sia giusto poco più che sufficiente. Questo non significa che alcuni pezzi non siano coinvolgenti e piacevoli, ma il risultato globale non mi convince proprio.
Alcune canzoni non si riesce proprio ad ascoltarle, come ad esempio l’orribile “Light The Universe” in cui Deris duetta con Candice Night, o come la ridicola “Mrs. God”.
Le lunghe “The Kings For A 1000 Years” e “Occasion Avenue” pur risultanto decisamente efficaci (rispetto alle altre canzoni), particolarmente la seconda, non riescono a competere minimamente con mostri sacri come “Keeper Of The Seven Keys” e “Halloween”. Notare l’ordine di ascolto invertito: nel nuovo album poste come primi brani di ogni cd, nei due Keeper, posti in coda. Altra mossa pubblicitaria l’aver voluto dividere un album in due cd (accorciando qualcosina, opportunamente allungata, ne sarebbe stato uno unico).
Personalmente, così come era accaduto per “Rabbit Don’t Come Easy”, i brani scritti da Gerstner li trovo decisamente validi. Bel brano tirato è “The Invisible Man”, dal ritornello veramente accattivante, ma anche “Silent Rain”. Dei due cd proposti, il secondo è il più incisivo ed efficace in cui spiccano brani come “Do You Know What You’re Fighting For” e “Occasion Avenue”.

Il resto dell’album scorre via senza lasciare grosse tracce di sè. L’avessero chiamato in un altro modo l’effetto sui singoli brani sarebbe probabilmente stato differente. Ma avendo voluto, furbescamente e poco onestamente, dare un titolo tanto importante e pretenzioso il confronto col passato risulta quasi necessario. Perdendo la scommessa, purtroppo o per fortuna.

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