Ritornano i God Dethroned, dopo il buon lavoro di “Into The Lungs Of Hell” nel 2003, e lo fanno con qualche passo in avanti rispetto all’opera precedente. I (forse troppo) marcati riferimenti ai primi Hypocrisy, punto debole della band, sono infatti spariti in un sound abbastanza personale
in cui il death molto tecnico e violento proposto da Sattler e soci è ben integrato con le numerose variazioni talvolta tendenti al thrash talvolta alla melodia che si alternano in tutta la durata dell’album. E’ da interpretare positivamente, dunque, il rinnovamento di mezza line-up
con gli arrivi di Isaac Delahaye alla chitarra e di Ariën Van Weesenbeek dietro le pelli che hanno contribuito alla realizzazione di un dosco che, pur se non immune di difetti, dà una ventata di freschezza al piuttosto arido panorama death del momento.

L’album (il cui titolo è ispirato ad un romanzo di Bram Stoker) si apre con la violenta “Nihilism”, buona song di death veloce e brutale retta sui violenti growl del frontman … gradevoli ed originali i ripetuti break epici. I bei testi di “Arch Enemy Spain” sull’ottantennio di guerra per la liberazione dei Paesi Bassi dal dominio spagnolo hanno come colonna sonora un buon death-thrash a tratti melodico nella scia degli ultimi Arch Enemy. La band dei fratelli Ammott è successivamente richiamata in causa con la cadenzata “Sigma Enigma”, che un po’ per le numerose analogie con i sopra citati (ascoltate “Savage Messiah”
e fatemi sapere), un po’ lo scarso feeling risulterà il brano più brutto ed inutile dell’intero album. Dopo questo incidente di percorso si ritorna a far sul serio con la veloce title-track che non lascia un attimo di respiro all’ascoltatore con un death tecnico che ricorda i momenti più veloci dei Possessed. Nella carrellata di violenza che porta l’album alla fine spiccano in particolare “Loyal to the Crown of God Dethroned” e “Salt in your wounds”. La prima per i riff di matrice slayerana supportati da un muro ritmico impressionante, la seconda per il crescendo di velocità che culmina nei vertiginosi tempi dell’ultima strofa rendendola uno degli episodi più pesanti di tutto l’album.

Come già detto i God Dethroned non hanno forgiato un capolavoro ma hanno consegnato alla scena death un bell’album che lascia ben sperare per i prossimi lavori degli olandesi; degno di un attento ascolto che non deluderà gli amanti del genere.

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