Ogni grande musicista ha avuto i propri idoli, con i quali è cresciuto e con le cui canzoni si esercitava a muovere i primi passi nel mondo della musica. George Lynch, già chitarrista dei Dokken e dei suoi Lynch Mob, da’ alla luce questo nuovo album, dal fuorviante titolo “Furious George” che non è altro una raccolta di cover, piu’ o meno famose, dei suoi artisti preferiti sulle quali l’axeman si diverte ad improvvisare lunghi assoli.
Non bisogna pensare ad un album prevalentemente strumentale dato che vi partecipa in grande stile il vocalist Kelly Keeling, già ugola nel gruppo di Michael Schenker, che interpreta alla grande i 12 brani di questo nuovo album. Le song mantengono pressochè inalterato il loro feeling originale nonostante vengano reinterpretate dal chitarrista che cerca di non invadere eccessivamente col suo solismo, tra l’altro piu’ improntato sul buon gusto che sullo shredding.
Difatti non si lancia semplicemente in scale velocissime o sweep incontrollati, ma punta molto su legati e bending, come ad esempio nella bluesy e atmosferica “Bridge Of Sighs”, del chitarrista Robin Trower, dove George basa il suo solo su poche note sostenute e semplici scale enfatizzate da molto chorus.
I brani coverizzati appartengono all’epoca pre-ottantiana e troviamo gruppi come i Montrose, Deep Purple, Beatles, ZZ Top, Jeff Beck e ovviamente Led Zeppelin.
Gli episodi migliori a mio avviso sono “I Ain’t Superstitious” di Jeff Beck (e a sua volta di Willie Dixon), ben intrpretata e “vissuta” e l’opener “Space Station #5”, energica e con il bel finale in crescendo (di tempo).

Forse alcune reinterpretazioni di artisti estranei al suo genere, come ad esempio “Precious and Grace” dei texani ZZTop non sono proprio riuscite in pieno, ma lo scopo principale, anche a detta dello stesso Lynch, è quello di donare una nuova vita e di far conoscere ai fans le sue fonti di ispirazione della sua carriera di musicista.
Questo “Furious George” è uno di quei dischi che si ascoltano in macchina per tenerci compagnia in viaggi lunghi, lasciandosi trasportare dal coinvolgente feeling malinconico degli anni passati.

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