Provenienti dalla Germania ed ampiamente sulle scene dal 1995, per gli Emil Bulls questo nuovo lavoro in studio “Phoenix”, rappresenza il settimo capitolo della loro carriera. Siamo nel campo del new metal e del crossover, d’istinto ascoltando la loro musica viene da paragonare questa band agli Atreyu di “The Curse” ed ai Raunchy, ma la ricetta degli Emil Bulls risulta alquanto particolare. Già, perché ai classici canoni del genere, la band aggiunge sonorità più ruvide, massicce, meno commerciali in un certo senso, ma di grande incisività e solidità. Gli Emil Bulls non hanno voglia evidentemente di puntare a raggiungere ampie platee, bensì hanno solo voglia di esprimere la loro arte e la loro musica e lo fanno anche bene per la maggiore, anche se in alcuni frangenti la loro musica non è sempre di facile assimilazione. Nel complesso, si può dire benissimo che “Phoenix” è un album discreto, che gode di una produzione costantemente all’altezza ed evidenzia le buone doti tecniche di una band che ha senza alcuna ombra di dubbio una pregevole personalità. Here Comes The Fire apre il disco e rimarca subito la compattezza ed il grande impatto della musica degli Emil Bulls, che con When God Was Sleeping e The Architects Of My Apocalypse puntano in modo marcato su sonorità all’avanguardia e particolarmente accattivanti, componenti palpabile anche in Ad Infinitum, un’autentica dichiarazione di guerra e Triumph And Disaster, che giova di una melodia raffinata. Con Man Overboard! The Dark Hour Of Reason e The Storm Comes In, è la sezione ritmica a ritagliarsi un ruolo da protagonista, differentemente Time e Nothing In This World seducono con le proprie chitarre ben modulate. Infecting The Program ed It’s High Time donano spazio a sonorità più versatili, Son Of The Morning conferma la discreta cura degli arrangiamenti e la conclusiva I Don’t Belong Here dona spazio a momenti anche poetici. Consigliato a chi ama queste sonorità.

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