Da qualche mese è uscito “Portrait Of The Abyss Within” ed il grandissimo Eugene Simone, storico chitarrista della band, ci parla della nuova creatura in casa Eldritch
e di molto altro… buona lettura!

Hail Eugene! Grazie per la disponibilità e complimenti a te e tutta la band per il nuovo album.
Grazie infinite per i complimenti e per la recensione! Siamo molto felici che il disco ti sia piaciuto. Posso dire che siamo molto soddisfatti dell’album soprattutto perché ci abbiamo messo veramente anima e corpo nel realizzarlo. Rappresenta per noi una sorta di rinascita!

Puoi presentare ai nostri lettori “Portrait Of The Abyss Within”?
Credo che POTAW sia al 100% l’album che più rispecchia i primissimi Eldritch e quello che abbiamo creato con maggiore serenità e spontaneità. Abbiamo sempre scritto la nostra musica più col cuore che con la mente rivolta alle mode e ai soldi anche se in passato spesso cercavamo troppo le soluzioni complesse a scapito della canzone. Stavolta posso dire che abbiamo seguito in pieno l’istinto puro, infilando dentro tutto quello che volevamo cercando però di creare dei bei pezzi, piuttosto che degli individualismi strumentali. Molti aspetti sono cambiati rispetto al passato e l’unica analogia con Reverse è l’impatto aggressivo del sound, nonostante la produzione sia più metal.
Per il resto, niente più tastiere, ne campionamenti ma solo chitarre arrangiate in modo diverso dai precedenti albums. Abbiamo curato di più la voce e le melodie di ogni singolo brano e alle chitarre abbiamo dato un volto a tratti sperimentale in alcune parti soliste e negli inserti dei ritornelli. Tutto questo pur rimanendo fedeli a quel tipo di metal che da sempre scorre nelle nostre vene. Non è nella nostra natura mantenere lo stesso tipo di sound e fare dischi più o meno uguali e credo che questo sia un aspetto positivo. Vuoi sapere in quale dei vecchi albums lo vedo maggiormente rispecchiarsi? Senza dubbio in Headquake!

Una delle novità che saltano subito “all’occhio” sono le linee vocali più aggressive che mai da parte di Terence Holler, che sfiorano i growl in alcuni frangenti; come mai questa scelta?
Per la verità certe soluzioni vocali le abbiamo già sperimentate in passato e credo che su Reverse siano esplose al 100%. Anzi, a parte in qualche frangente, Terence in questo disco è tornato molto alle origini dando più spazio alla vena melodica. In linea di massima con POTAW la voce di Terence si esprime a 360 gradi facendo sentire una versatilità che pochi cantanti vantano. Drowning e Slowmotion “K” us gli episodi che lo vedono cimentarsi in parti thrashy, per il resto vedo una notevole propensione alla melodia con una forte vena heavy rock a metà strada (se vogliamo fare un paragone) tra i Fates warning di Parallels e certe cose più hard rock di stampo americano, con l’aggiunta di qualche modernismo un po’ più cattivo.
In ogni caso Terence è sempre stato più aggressivo della media dei cantanti metal di oggi, tendenzialmente molto puliti ed impostati. Non credo sia molto importante avere la voce da castrato e fare super acuti per essere etichettato come cantante metal perfetto, anzi, per quel che ci riguarda i veri cantanti heavy appartengono ad altre epoche. E Terence è un cantante oldstyle, prima di tutto il cuore e la grinta.
In definitiva posso affermare che è Terence la nostra vera arma in più, ovvero quello che più di chiunque altro nella band da originalità alla nostra musica. In questo disco abbiamo voluto curare ogni dettaglio sulla voce e alcune parti sono state leggermente cambiate anche in studio per agevolare delle migliori soluzioni vocali. Credo che in futuro la sua voce si esprimerà su questa linea con una leggera spinta aggressiva in più.

Qual è il significato di “Portrait Of The Abyss Within” dal punto di vista lirico?
I testi sono opera di Terence al 100% e trattano situazioni di vita reale vissute da lui in prima persona. Si tratta di episodi che hanno in qualche modo segnato in parte la sua vita e ne hanno cambiato la personalità. Diversi tra loro ma collegati da un unico filo conduttore che è il turbamento dello stato d’animo che può derivare da un accumulo di delusioni. Essendo cose personali, non me la sento di spiegare i testi singolarmente e per non rischiare di essere frainteso, Terence ha voluto spiegarli personalmente all’interno del booklet e vorrebbe che facessero fede proprio le sue parole… Purtroppo il tutto può risultare estremamente negativo e pessimista ma un’attenta lettura delle spiegazioni che trovi nel booklet, può smentire questa prima impressione. Il suo spirito è rimasto comunque positivo nei confronti di tanti aspetti umani legati alla vita in genere.
In definitiva, visto il filo conduttore che lega i testi, possiamo dire che si tratta quasi di un concept album.

Quest’ultima release ha visto per la prima volta nella vostra carriera l’ingresso in line-up di un secondo chitarrista: Roberto Proietti. Quali sono stati i motivi che vi hanno spinto a questa scelta?
Acquisendo molta esperienza live ci siamo resi conto dell’importanza che può avere suonare un pezzo dal vivo così come lo è sul disco. Anche in passato l’ipotesi di un altro chitarrista è sempre stata presa in seria considerazione varie volte. Alla fine per vari motivi però il tutto è finito in una bolla di sapone. Ci spaventava l’idea di muoverci in sei persone e on stage, suonando per lo più su palchi piccoli, vedevamo seri problemi di coesistenza.
La cosa è diventata però necessaria dopo le registrazioni di Reverse, un disco decisamente più guitar oriented e cattivo dei precedenti. Alle tastiere avevamo deciso di dare un ruolo un po’ più marginale e impostato sui campionamenti per cui la seconda chitarra divenne di vitale importanza.
Peck è stato sempre un nostro fan nonché un roadie fidato e soprattutto un amico. Ha una mano pesantissima e una precisione nelle ritmiche che pochi hanno e in più non ama fare i soli, cosa che spesso induce a rivalità stupide due chitarristi all’interno di una band. Nel giro di pochi giorni Peck entrò a far parte della band raddoppiando l’impatto in sede live e esordendo al Gods of Metal 2001 senza lasciar trapelare ansie particolari! In più ha anche un ottimo timbro vocale che gli permette di occuparsi anche dei cori.

Un’altra novità in line-up è stata la breve avventura di Lisa Oliviero, sostituita ora da John Crystal, cosa ha portato ad un divorzio così affrettato?
Lisa è stata con noi per il periodo della registrazione di POTAW dandoci un grosso aiuto in quanto Martin aveva lasciato la band pochi giorni prima dell’entrata in studio. Lisa è nostra amica da una vita, così come gli Icycore, da sempre la band in cui milita e la ringraziamo di cuore anche per la sua partecipazione al video di “Lonesome Existence”. Purtroppo i suoi impegni con gli Icycore non le hanno permesso di poter entrare a far parte degli Eldritch in modo definitivo, visto che anche i nostri impegni non sono pochi. Tuttavia si è meritata sicuramente di entrare a far parte della formazione ufficiale di POTAW.
Abbiamo conosciuto John per puro caso vedendolo suonare con una storica prog band locale chiamata Inorganica. Non sapevamo neanche chi fosse e quando l’abbiamo visto suonare siamo rimasti subito impressionati dalla sua bravura. Scambiammo due chiacchiere alla fine del concerto e capimmo subito che sarebbe stato l’ideale sostituto di Martin. Nel giro di due mesi aveva già imparato alla grande quasi tutto il repertorio…..comprese le varie Incurably Ill e Ghoulish Gift!

Che influenze hanno avuto le new-entry sulla composizione dei brani?
Non molte visto che della composizione ci siamo occupati esclusivamente io e Terence. Peck ci ha dato alcuni spunti su un paio di pezzi e credo che per il prossimo album, avendo manifestato una buona vena creativa, mi darà un discreto aiuto. Ormai è nella band da diversi anni e il suo apporto compositivo potrebbe aggiungere aspetti interessanti alla nostra musica.

Durante la vostra carriera avete sempre mostrato la voglia voglia di rinnovarvi e mettervi in discussione…. voglia che si è concretizzata proprio con la precedente release “Reverse”; quanto ha influito su questo lo split dalla Inside Out?
Abbastanza direi.. Purtroppo il rapporto con la Inside Out non si concluse benissimo. Anche se tengo a precisare che col tempo le cose sono state chiarite. La verità è che dopo l’uscita di Adriano dalla band, al termine del tour con Threshold e Pain of Salvation, era nostra intenzione proseguire con altre date e con la partecipazione a dei festivals, avendo trovato un sostituto di assoluto valore come Matteo Amoroso (ex Athena, ora con i Vision Divine). La Inside Out invece insisteva per farci produrre subito un nuovo album e a noi la cosa sembrava prematura. Inoltre avevamo il timore che alcune nuove idee non sarebbero andate a genio all’etichetta così come in parte era avvenuto già per ElNino. Fu così che un po’ frettolosamente decidemmo di cercarci un’altra etichetta. Loro presero malissimo la cosa perché eravamo uno dei loro gruppi di punta. Alla luce di quanto avvenuto in seguito credo che quella fu un’ingenuità. Sarebbe bastato una incontro chiarificatore. D’altronde però a volte è anche giusto seguire un po’ l’istinto. E, in quel momento sentivamo il bisogno di muoverci in altre maniere.

Tu sei un membro storico della band… quali sono stati i momenti più difficili della vostra carriera?
Un po’ tutti i momenti sono stati difficili per noi. Non lo dico perché amiamo piangerci addosso, anzi. Il fatto è che abbiamo sempre dovuto faticare a morte per conquistarci i nostri spazi, in particolare quì in Italia, anche quando tutto sembrava filare liscio. Non voglio dare la colpa ai giornali, all’etichetta ecc. Le colpe sono per lo più nostre e del genere poco seguito che decidemmo a suo tempo di proporre. Aggiungiamoci anche un po’ di sfiga che non è stata proprio trascurabile… Il momento più brutto in ogni caso è stato il dopo Reverse, o meglio, un anno e mezzo dopo la sua uscita. Le cause te le ho spiegate e non vorrei essere ripetitivo. Il fatto è che per colpa di troppe cose stavamo finendo per allontanarci l’uno dall’altro irreparabilmente.

Come si sa il sud è un terreno poco fertile per l’heavy metal. Questa estate siete stati di scena al S-Hammer Metal Fest di Castelvolturno (Casterta), che risposta avete avuto dal pubblico campano?
Guarda abbiamo suonato di recente a questo festival e ad altri al sud e il risultato è stato contrastante come mai mi era capitato di vedere. A Caserta accoglienza calorosissima nonostante l’affluenza poteva essere anche superiore per essere un festival. A Bari al Totalmetalfest il pubblico era più numeroso ma anche molto più freddo…almeno questa è stata la nostra impressione. Non so, forse dipende dalle zone. Due anni fa suonammo a Potenza e Lecce per il RockTV tour e il pubblico fu fantastico!

Da sempre voi tenete alto il nome del metallo italiano anche all’estero, che idee avete dell’attuale scena? Quali band ti impressionano positivamente?
Mi sembra di vedere che in Italia ci sono molte bands di cui si parla molto bene e che stanno conquistando spazi importanti. La scena in generale vede però sempre protagoniste quelle bands che già da qualche anno sono attive. Voglio dire fra le nuovissime leve non vedo nessuno in grado di emergere creando una nuova generazione nel metal italiano. E’ un opinione diffusa anche all’estero te lo posso assicurare. C’è purtroppo una certa tendenza verso un power tutto doppia cassa, sweep e acuti con dose massiccia di epicità, tastiere e testi fantasy, giusto per fare il verso a chi già lo fa da anni e magari vendere anche bene. Sicuramente c’è chi lo suona ad alti livelli ma alla fine non aggiunge niente di personale che sposti l’attenzione su di te. O magari ci sono band interessanti ma come al solito non le caga nessuno perché per i gusti attuali sono troppo ricercati.
Per quanto riguarda l’estero il discorso non è poi così diverso anche se qualcosa di un po’ più “coraggioso” ogni tanto si sente. Non dico che bisogna essere per forza originali e innovativi perché ormai è stato già detto tutto o quasi. Almeno però la ricerca di una propria identità dovrebbe essere alla base delle ambizioni di una band. Lo so, il discorso è più complesso perché subentra anche l’aspetto commerciale che spinge le etichette a investire su ciò che vende e non su ciò che è originale. E questo finisce per spingere le band in una sola direzione. Spero che i nostri amici Icycore, band da seguire, contribuiscano a cambiare le cose in fretta con la speranza che si torni a cercare qualcosa di diverso dalle solite cose.

Avete un sito internet continuamente aggiornato, il che vuol dire che sapete ormai un gran numero di fans usano internet per informarsi circa le loro band preferite, e un
numero altrettanto grande lo utilizza per scaricarne gli album. Cosa ne pensi di questo fenomeno del p2p?

Era prevedibile. Anche ascoltare la musica sta diventando un lusso e comprarsi i cd entro poco, se non cambia qualcosa, diventerà una cosa per ricchi e basta. Coi prezzi che ci sono in giro dimmi come fa un ragazzo di ceto medio che studia (ovvero il 90% dei metallari e degli alternativi) a potersi permettere il lusso di acquistare almeno una piccola parte di tutti i cd che escono così come lo facevamo qualche anno fa. Mi dispiace dirlo perché a rimetterci sono anche i gruppi minori come noi ma è una vergogna e chi scarica da internet a questo punto fa bene! A guadagnare sulla musica sono soltanto managers, etichette, agenzie……governi ecc……tutti tranne le band. E’ bene che lo prendano nel culo anche loro da ora in poi! Non ti dico dei 20 Euro circa del prezzo di negozio quanto si mette in tasca l’artista perché non mi crederesti. Ok, dobbiamo morire? E moriremo! Ma all’inferno con noi ci seguiranno a ruota tutti gli individui che ti ho appena citato che coi loro assurdi guadagni ci stanno negando l’accesso a quella che è la nostra passione: la musica!

Saluta pure come preferisci i lettori di H-M.it
Ok, un saluto a tutti i lettori di questa bellissima webzine! Vi aspettiamo ai nostri concerti.
Stay Heavy!!!

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