“X” è la decima fatica degli inglesi Def Leppard ed è un disco bello, moderno e, per me, perfettamente riuscito, uno di quei dischi, ormai sempre più rari purtroppo, che hanno il dono di farsi tranquillamente riascoltare una volta terminati o che vengono in mente spesso quando si ha voglia di sentire qualcosa di piacevole e ben realizzato.
Se da un lato sono più che convinto che molti di voi ascoltando l’album saranno di questa stessa opinione dall’altro sono altrettanto certo che molti rimarranno invece delusi per le scelte del gruppo (soprattutto alla luce del precedente “Euphoria”) e si lamenteranno per la minore importanza conferita alle chitarre, ai riff ed in generale a tutte le caratteristiche tipicamente “dure” da sempre presenti nel sound della band inglese. Ma non dovevamo forse aspettarcelo? Chi conosce il gruppo sa benissimo che già con “Hysteria” i Def Leppard avevano indovinato la formula giusta: miscelare perfettamente ritornelli e armonie irresistibili con riff taglienti ma melodici per presentarli con una produzione cristallina e sofisticata. Pur rimanendo ancorati fedelmente a questo schema gli album successivi ci hanno però sempre mostrato un gruppo costantemente al passo coi tempi e particolarmente attento all’evoluzione della musica e quindi del mercato.
Significa evolversi modificando leggermente di volta in volta il proprio sound e non rimanere strettamente ancorati ai dettami di un genere fino alla sua morte o, più semplicemente, essere commerciali e vendersi? Ognuno ha la sua opinione in proposito, ma se appartenete al gruppo di persone che non pretendono necessariamente che una band faccia costantemente lo stesso tipo di musica allora avete qualche chance in più per apprezzare questo nuovo lavoro.
“X” ha infatti l’inconfondibile marchio dei Def Leppard ma questa volta spinge il gruppo prepotentemente verso quelle sonorità e melodie tanto in voga negli ultimi anni strizzando sfacciatamente l’occhio al pop o, se preferite, all’easy listening. Ciò che rende però grandissimo questo disco, e lo pone di diritto, per chi scrive, tra i migliori della loro discografia, è senza dubbio l’eccezionale songwriting: non c’è davvero un brano che possa ritenersi oggettivamente inferiore agli altri e anzi un paio di pezzi sono per me destinati a diventare nel prossimo futuro dei classici della band. Qualche nome? Di sicuro la bellissima “Long, Long Way To Go”, una ballad perfetta, emozionante e coinvolgente, destinata a scalare le classifiche di tutto il mondo se opportunamente supportata (la versione acustica presente nella versione giapponese è possibilmente ancora più bella), ma anche la moderna, come sonorità, “Torn To Shreds” e le più ritmate e classiche “You’re So Beautiful” e “Scar”.
In definitiva un grande ritorno per un gruppo storico che dopo oltre vent’anni di carriera ha saputo riproporsi con una brillantezza ed una freschezza superiore a molte delle nuove proposte musicali di questi ultimi mesi.

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