Quello di cui vi sto per parlare è un piuttosto controverso (all’epoca dell’uscita) lavoro dei Covenant, interessante gruppo noto al pubblico metal più che altro per i problemi legali che hanno portato i The Covenant di Hellhammer a mutare il loro nome in The Kovenant. Per coloro che non lo sapessero i Covenant fanno una musica electro decisamente ballabile che in questo album ha preso due direzioni: quella dell’ebm accattivante, ma “stilosa” e quella del sound dei Depeche Mode di “Ultra”. E’ proprio tra questi due estremi che si muove “Northern Light” (che all’epoca dell’uscita spiazzò molti proprio per via della minor presenza di brani da “dance floor” rispetto al passato, virando invece in molti brani verso uno stile più “riflessivo”). Ma andiamo a parlare un po’ dei singoli pezzi. L’album si apre con “Monochrome”, accattivantissimo pezzo da dance floor con un’atmosfera molto oscura ed apocalittica, ballabile, ma non per questo da disdegnare, soprattutto a causa del carisma del brano (caratteristica che purtroppo manca alla maggior parte dei brani danzerecci che si sentono in giro). Non è poi da meno la successiva “Call The Ships To The Port”, altro pezzo ballabile cadenzato e ritmato, questo brano è uno di quelli che ti fanno scuotere anche quando non vuoi. Il terzo pezzo (“Bullet”), oltre ad essere probabilmente il migliore del lotto, mostra un cambio di tendenza, e lo si nota subito. L’apertura richiama infatti apertamente i Depeche Mode (in particolare la bellissima “It’s No Good” di “Ultra”) per poi sfociare in una composizione electro “da ascolto” decisamente piacevole e capace di non stancare dopo pochi ascolti (problema che solitamente affligge le canzoni di questo tipo). Col quarto brano assistiamo purtroppo ad un calo dal quale il disco non si riprenderà… il trio di pezzi che apre il disco non è infatti più eguagliato (del resto era difficile mantenere un tale livello qualitativo), tuttavia il resto dell’album non è di certo da buttare! “Invisible & Silent” è una canzone “da ascolto” con tanto di coro di bambini che portano un’atmosfera molto “serena”, “Prometheus” è invece caratterizzato da un’elettronica parecchio “frammentata” e dalla tipica atmosfera da “pace apocalittica” che permea tutto questo disco. La successiva “We Stand Alone” è un’altra canzone ballabile e piacevole, ma decisamente inferiore alle due che aprono il disco, mentre la seguente “Rising Sun” è altrettanto ballabile, ma più originale, riempita da suoni “simil-subacquei” e più attenta ai “rumori” che alle melodie. Decisamente accattivante poi “Winter Comes”, tipica composizione alla Covenant che non propone nulla di particolarmente originale, ma che si stampa in testa al primo ascolto. “We Want Revolution” è invece il pezzo che meno apprezzo dell’album, a causa della sua ripetitività. Chiudono il disco “Scared”, un lungo brano praticamente solo strumentale (ed anche un pò noioso) ed “Atlas”, bel pezzo che mischia alle influenze “Depeche Modiane” (qua il cantante à al limite del plagio di Dave Gahan) un’atmosfera da “rumori spaziali alieni”.

Insomma, “Northern Light” è decisamente riuscito e piacevole, per cui se non disdegnate il futurepop o se volete avvicinarvi a questo genere e apprezzate già i Depeche Mode dategli una possibilità, non penso che ne rimarrete delusi (anche se il calo qualitativo che subisce il disco con l’avanzare della tracklist non lo rende un classico del genere).

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