Formatisi nel 1982, nel lontano 1986 i cinque svedesi capitanati dal poliedrico bassista Leif Edling, diedero il La, assieme ad altre band seminali quali Trouble e Saint Vitus al cosiddetto movimento doom.

Fin dalla copertina (un teschio cornuto infilzato da due spuntoni) l’aura di “maledizione” è nei paraggi, e così l’opener “Solitude” (diventata poi pezzo storico della band) non è da meno.
Il cantato lento e disarmante di Lanquist (sostituito poi dal piu dotato Messiah Marcolin) getta le carte in tavola per capire di che pasta è fatta quesa nuova creatura. Riffoni epici all’ennesima potenza, rallentati fino all’ossessione, che dipingono un’atmosfera maestosa e allo stesso tempo “malsana”. I testi d’altra parte non sono da meno: per quanto tutti pieni di misticismo e di raffronto tra “bene e male”, l’opener dell’album narra della solitudine di un condannato a morte, di accettare la propria condizione con dignità, tematiche macabre riprese spesso in questo genere. Si passa alla imponente “Demon’s Gate”, uno dei piu bei riff doom mai sentiti per chi scrive. Il pezzo trascina, e nonostante i ritmi rallentati, ti corrompe l’anima fino ad esserne completamente rapito. E nella palla di cristallo vediamo la terza canzone, la piu “corta” del lotto, con i suoi 5 minuti. “Crystal Ball” si articola principalmente nel suo ritornello, ripetuto piu e piu volte come una cantilena malvagia. “Black Stone Wielder” invece è la canzone forse piu aggressiva del lotto. Aperta da un lungo excursus musicale, si articola tra stacchi heavy, passaggi lenti (e come potrebbe non esserlo?) alternato a splendidi solo di Bergwall, veramente melodici e malinconici. “Under the oak”, altro pezzo storico della band, sembra provenire direttamente dal passato: la squisitezza del chitarrismo di Iommi mischiata con l’epicità dell’heavy moderno (per gli anni 80 comunque), accompagnata dal duetto voce-chitarra solista, che fuse ci donano un’altro masterpiece della band. Ultima del lotto “A Sorcerer’s Pledge”: arpeggio e voce iniziali sottolineano un momento musicale che sembra provenire direttamente da qualche passaggio del Signore degli Anelli di Tolkeniana memoria, per poi diventare una cavalcata metallica in pieno doom style.

Se questo album è passato alla storia, dopotutto i motivi c’erano tutti: sei pezzi lunghi, articolati, ricchi di spunti solistici notevoli nonchè di splendidi riffs, un cantante ancora in erba ma capace di regalare una performance adattissima alle composizioni. Se cercate qualcosa da rispolverare nel passato, sicuramente questo è una perla da ascoltare almeno una volta. Se invece conoscete gia, ma siete indecisi.. beh, è uscita da poco una ristampa contenente un cd intero di bonus track, quindi un acquisto è d’obbligo!

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