Molte volte si dice che ci sono tanti begli album nell’underground ma che per questioni di mercato mai sono riusciti, e mai riusciranno, ad emergere in quanto sprovvisti di una etichetta e/o di una distribuzione adeguata. Tante volte ci si sbaglia, ma mai come in questo caso ciò risulta vero.
Brett Walker si è autoprodotto l’album scrivendo tutte le canzoni e suonando tutti gli strumenti di questo Spirit Junky, album dai forti connotati rock americano, che tanto piace agli europei.
Nonostante non ci siano musicisti coinvolti ci si aspetta una registrazione e dei brani piuttosto semplici e poco impegnativi. In effetti la musica non è mai complessa, mai variegata, con una batteria piuttosto statica e poco incline ai cambi di tempo, con riff che risultano essere piuttosto monocorde. Ciò potrebbe essere fastidioso e noioso, non fosse che Walker è riuscito a scrivere dei brani che riescono ad interessare e farsi seguire, e pur nella loro estrema semplicità ad essere attraenti e piacevoli dimostrando come sia la qualità ad essere importante rispetto alla tecnica esecutiva e a grandi elaborazioni stilistiche.
Si percepisce subito quindi quanto Walker non sia un esecutore quanto piuttosto un compositore che ben conosce la melodia, e probabilmente quello che il pubblico apprezza pur non vendendo la propria arte a facili guadagni.
L’album scorre pertanto piuttosto omogeneo, senza grossi cali nè grosse impennate qualitative, risultando una sorta di concept che farà tanta compagnia soprattutto nei viaggi in macchina.

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