Un nuovo trend sembra imperversare ultimamente in area gothic: quello del rock moderno tendente al nu metal. Gia’ gli Evereve si erano spinti in questa direzione, stesso discorso per i Lullacry (anche se questi ultimi con un approccio meno “nu” e piu’ “heavy”) e si potrebbero citare altre band ancora… Ed una mutazione simile e’ avvenuta anche ai Bl[a]dflowerz, al secondo disco dopo il discreto “Diabolic Angel”.
Al gothic tutto sommato abbastanza canonico del primo disco e’ infatti subentrato un sound decisamente piu’ orientato al “rock moderno”, con diverse tendenze al nu metal (non intendendo pero’ il cantato rappato, ma un certo tipo di sonorita’ tipicamente inquadrabili con la definizione “nu”). Inutile stare quindi a precisare quanto l'”apparenza” in questo disco conti tantissimo (basti considerare la produzione, che effettivamente aumenta non poco l’impatto dei brani), a discapito pero’ della sostanza…
I brani di “7 benedictions/7 maledictions” sono infatti piacevoli, tuttavia scorrono senza lasciare il segno, anche dopo ripetuti ascolti. Cosa davvero fastidiosa questa, soprattutto considerando che non si puo’ recensire un disco decentemente se l’attenzione “stacca” dopo 3/4 pezzi (tanto che per giudicare degnamente il disco ho dovuto ricorrere al trucchetto di fare degli ascolti partendo ogni volta da brani un po’ piu’ avanti rispetto agli ascolti precedenti, in maniera tale da avere l’attenzione desta un po’ su tutti i pezzi). Tra l’altro, rimanendo in tema di trend, le 14 composizioni del cd (hanno pure abbondato col numero di pezzi, come se non bastasse la sensazione di “livellamento” !!) sono tutte basate su un vizio o una virtu’ capitale, cosi’ da creare quasi un concept album (va di moda, no ? Poi questo particolare argomento e’ cosi’ trendy…).
Ma parliamo un po’ di qualche pezzo in particolare… L’inizio del disco non e’ male (le prime tre canzoni sono le migliori del lotto) e gia’ dal primo brano si capisce quanto la voce della cantante sia l’elemento su cui si basa principalmente il songwriting del gruppo. Bisogna ammette che Kirsten sa il fatto suo, alternando diversi stili di cantato e risultando una specie di incrocio tra DOlores dei Cranberries e Skin degli Skunk Anansie, richiamando a volte anche altre cantanti (come quella dei L’ame immortelle nel secondo pezzo) senza mai cadere nell’ormai abusato “cantato angelico”.
Tornando specificamente al primo brano (“Wild heart – fortitudo / fortitude”), si tratta di una canzone molto catchy, con un retrogusto goth che insaporisce dei chitarroni su una struttura che fa molto “rock moderno”. Segue poi “Black snake sister – luxuria / lust”, che mi ricorda tanto certi pezzi dei L’ame immortelle (ovviamente pero’ qui ci sono le chitarre al posto dell’elettronica) in cui la voce femminile e’ “acida” e perversa, d’altronde il pezzo e’ dedicato alla lussuria…
Piu’ ritmata e pesante e’ la successiva “Dorian – invidia / envy”, dall’attacco mooooolto “nu” e dal ritornello ruffianissimo. Poi inizia la routine. Il quarto pezzo sembra essere piu’ “goth” rispetto ai precedenti, ma in realta’ e’ piu’ corretto dire che e’ piu’ “pop” (e lo stesso si puo’ dire per gli altri brani che si basano in maniera piu’ evidente su quello che definirei un goth popeggiante, come “Heart of stone – superbia / pride”), ma la sua caratteristica principale e’ che non colpisce. Tendenzialmente lo stesso discorso si puo’ fare per gli altri brani che seguono…
Insomma, il disco non sarebbe poi malaccio, ma non riesce proprio a “sfondare”, facendo si’ che il commento piu’ adatto per diverse canzoni sia “non e’ brutta, ma non e’ nulla di che” (“False gods – fides / faith”, “My treasure – avaritia / greed” e “Till the end – spes / hope”, tanto per fare alcuni nomi).
Merita un cenno pero’, oltre ai tre brani iniziali, anche “Last exit – ira / wrath”, che ospita parti elettroniche e gorgheggi gothic capaci di risvegliare l’attenzione dell’ascoltatore (che al punto in cui si trova, essendo ormai al decimo brano, da diverso tempo ha gia’ “staccato” la mente dal disco).
Chiarito questo non me la sento di bocciare un disco che comunque si lascia ascoltare ed ha qualche brano piu’ che carino, tanto piu’ che e’ adattissimo per un uso particolare quale l’ascolto in macchina mentre si guida (fa compagnia e non distrae), tuttavia il massimo che mi sento di assegnare a “7 benedictions/7 maledictions” e’ un 6 e mezzo. E ho detto tutto.

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