Mi sto ancora riprendendo. Ero entrata in quella strana fase di psicosi dove ascoltare qualcos’altro che non fosse il disco nuovo dei Behemoth destava irrequietezza e senso di mancanza. Dovevo averlo lì, ad avvolgermi ossessivamente con la sua cupa e fiera rabbia. È grave? Può darsi….
Ma Evangelion richiede almeno 10 ascolti per poter essere compreso appieno. Me lo dice lo stesso Nergal nella sua intervista e ha ragione. Evangelion è una stratificazione di suoni, una dura e tagliente roccia che, scalfita, rivela minerali e preziose gemme, magari una vena d’oro…
La roccia nera, scura e ruvida come l’ardesia è il muro creato dalla batteria di Inferno. Batteria che domina questo album più possente che mai, batteria che non demorde, incalza, investe l’ascoltatore senza sosta. Le pietre preziose sono i riff di Nergal, sempre diversi e sorprendenti, a volte brevissimi. La vena d’oro è la tonalità mediorientale che sostiene la parte melodica di molti brani, rendendoli più decadenti, più ricercati, più solenni. Come se volesse puntualizzare che la musica dei Behemoth è cosa di classe, che ha poco a che vedere con il gelido odio norvegese, bensì richiama l’Egitto di certi Nile, con una rabbia ancora più feroce e passionale.
Rabbia soprattutto verso le religioni e ogni forma di fatalismo, verso chi pretende di classificare il bene e il male, verso chi non cerca di superare se stesso e i propri limiti. Tematiche che vengono rese attingendo all’immaginario satanico, ma che in realtà ricordano più l’illuminismo, e se vogliamo anche il rinascimento di Leonardo Da Vinci e di un certo Lorenzo De’Medici….
I tre brani più orecchiabili sono senz’altro Daimonos, Ov Fire And The Void e Lucifer. Questi si apprezzano sin da subito e intossicano il cervello di chi li ascolta, in particolare l’incredibile Ov Fire And The Void, con le sue ritmiche cadenzate e i blast beat sconquassanti di Inferno.
Le tracce 4-6 sono poi un susseguirsi di assalti di furia serrata, tutti velocissimi ma ritmati, con Nergal che in growl riesce a dire tante di quelle cose da sembrare un rapper forsennato e che con la chitarra puntualizza ogni tanto il tutto con striduli nitriti. Interessante il cambio di tempo a metà di He Who Breeds Pestilence, che rallenta due volte e introduce una voce lirica femminile di sottofondo, rendendo il tutto più angosciante, infernale e senza via d’uscita. Questo forse il brano più particolareggiato per struttura e composizione, interrotto bruscamente alla fine, per essere fondamentalmente ripreso subito dopo da The Seed Ov I, che continua sulla falsa riga del precedente.
Si giunge alla fine, l’uomo è dinanzi a Dio. Deve rendere conto. Alas, Lord Is Upon Me è tragica e solenne, come una condanna, anche se poi in qualche modo ci si risolleva con fierezza, si reagisce, ed ecco lo spirito ritornato combattivo e sfidante in Defiling Morality Ov Black God.
Lucifer poi in chiusura è un brano bellissimo ma quasi a sé stante, discostandosi un pò rispetto alla compattezza dell’album, che rimane molto coerente, omogeneo e fluido sin dall’inizio. Sembra un nuovo capitolo, e forse lo è, negli intenti narrativi di Nergal.
Dovrò leggermi bene i testi, non appena mi arriverà l’originale, già ordinato.
Popolo dei metallari estremi, se cercate musica di qualità indiscutibile e classe senza compromessi, andate a comperare Evangelion dei Behemoth. Un album destinato a diventare modello di stile.
A dimostrazione che a volte nascere in un paese meno ricco e avere più difficoltà forgia il genio umano.

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