La musica… ci sono dischi capaci di entrare in profondita’, di risvegliare ricordi e far scaturire emozioni incredibilmente forti. Gli Anathema sono tra i pochi gruppi che riescono ad andare veramente a fondo nell’animo dell’ascoltatore e durante tutta la loro carriera hanno realizzato lavori diversissimi, ma tutti incredibilmente sentiti e capaci di far sentire.
“A natural disaster” e’ la loro ultima fatica, un album atteso e nato in un momento durissimo, dopo problemi interni alla band che spingevano a pensare al peggio. Ed invece no, perche’ questo cd e’ un nuovo capolavoro.
L’evoluzione prosegue da dove si era fermata con “A fine day to exit” e alle influenze radioheadiane si aggiungono ora influenze post rock e durante l’ascolto vengono in mente i Sigur Ros o gli Air (nonche’, come sempre, i Pink Floyd), tuttavia la band rende sempre molto personale la propria proposta. Sono percio’ evidenti le ispirazioni, ma e’ altrettanto evidente quanto il disco suoni totalmente Anathema e quanto sia personale ed ispirato. Cosa aspettarsi da questo album? Beh, come al solito si hanno poche certezze da questi ragazzi: il disco sara’ diverso dai precedenti e sara’ malinconico e triste, ma caldo e capace di donare quel “calore interiore” tipico della band. Altro inizialmente non si poteva supporre, anche se ora so che “A natural disaster” e’ incredibilmente delicato…
Il lavoro comunque si apre con “Harmonium”, dove un synth introduce ad un brano molto intimista e malinconico (ma con un forte retrogusto dolce) caratterizzato da un andamento decisamente “cullante” interrotto ogni tanto da qualche sferzata di energia, ma sempre molto delicata. “Harmonium” e’ un’opener indicativa di cio’ che ascolteremo e non delude. La successiva “Balance” ha un attacco decisamente alla Radiohead e un po’ tutto il pezzo richiama lo stile di Yorke e soci, rimanendo pero’ sempre personale e decisamente riuscito… la canzone dura poco meno di 4 minuti ed e’ una specie di crescendo che poi, proprio all’apice, sfuma nel brano successivo.
E’ proprio con “Closer” che si arriva al primo vero e proprio capolavoro dell’album (questo e i 3 pezzi successivi sono secondo me l’apice del disco, senza nulla togliere al resto che e’ comunque di altissimo livello), una stranissima canzone dominata dall’utilizzo di un vocoder (alla Air prima maniera) che distorce la voce di Vinnie mentre un tappeto sonoro delicatissimo e malinconico accompagna un bellissimo testo sulla ricerca della verita’ nascosto all’interno di ognuno… un pezzo da brividi, e non c’e’ altro da aggiungere, va semplicemente ascoltato.
Non e’ poi da meno la successiva “Are you there?”, gia’ conosciuta per essere stata l’anteprima del cd, una composizione molto atmosferica e dolcissima (un misto tra certe cose dei Pink Floyd e certe atmosfere tipicamente post rock) cantata da un Danny Cavanagh che si cimenta anche dietro al microfono (il disco tra l’altro e’ stato scritto praticamente al 100% da lui). E’ impossibile non farsi cullare dalle dolci e malinconiche note di questa canzone, dotata ancora una volta di un testo bellissimo e toccante (scaricatevela dal sito, non ve ne pentirete!!).
Ora è il turno della strumentale “Childhood dream”, poco piu’ di due minuti di arpeggi e rumori di voci di bambini capaci di rievocare la dolcezza dell’infanzia e la malinconia del ricordo di essa, malinconia che si fa sempre piu’ inquieta fino a sfociare nel pezzo successivo. E qui c’e’ una sorpresa. “Pulled under at 2000 metres a second” e’ infatti un pezzo duro come gli Anathema non scrivevano da tempo, e’ praticamente una nuova “A dying wish”. In questo brano si trovano le uniche asprezze veramente metalliche di tutto il cd e la voce di Danny si produce in una rabbiosa interpretazione mentre gli strumenti e la base ritmica sottolineano la furia. Un pezzo incredibile, una perfetta espressione di rabbia controllata ed incalanata, una rabbia che rimane comunque malinconica. Un pezzo davvero stremante che dal vivo penso’ rendera’ ancora di piu’…
Con la title track si ritorna a livelli piu’ umani, “A natural disaster” e’ infatti un pezzo notevole ma non tanto quanto i 4 precedenti… trattasi di un dolce lento cantato da una voce femminile avvolgente ed emozionale, quasi una calma ritrovata dopo la sfuriata di poco prima. “Flying” e’ un altro pezzo di quelli che si fanno notare, atmosfere ancora una volta delicate (con qualche incursioni di suoni un po’ “strani”) e malinconiche, mi ricorda un po’ il precedente “A fine day to exit” per le sue atmosfere e per il suo partire lentamente e poi cresceresenza pero’ mai arrivare a decollare del tutto. In “Electricity” torna alla voce Danny e ancora una volta non fa rimpiangere il fratello grazie alla sua capacita’ di far “sentire” i brani. Dolci chitarre e pianoforti accompagnano l’ennesimo bellissimo testo sull’amore, su quell’attrazione che porta a stare uniti anche quando si avrebbe bisogno di dimenticare, il tutto espresso con rara dolcezza e delicatezza… “Violence” e’ infine la lunga strumentale che chiude il cd, una composizione che avvince e non annoia un solo istante grazie alla sua morbidezza (a dispetto del nome che porta) e alla serenita’ che emana (a parte qualche piccolo stacchetto un po’ piu’ inquieto, ma che serve a far risaltare ancora di piu’ l’atmosfera del resto del brano). E qui il disco finisce, sono passati piu’ di 55 minuti e il tempo e’ volato…

Volete che scriva altro? Devo parlare ancora della qualita’ dei testi e della musica, della produzione perfetta o di quanto sia bello l’artwork ? Devo ricordarvi i vecchi dischi e fare un confronto? Non credo proprio… “A natural disaster” e’ l’ennesimo capolavoro degli Anathema e va preso per quello che e’. Non e’ paragonabile a “The Silent Enigma”, ne’ ad “Alternative 4” o ad “A Fine Day to Exit” o “Eternity” o altro. Ancora una volta e’ un disco diverso, ancora una volta stupisce e, lo ripeto, va preso per quello che è: l’ennesimo bellissimo disco di una band che non si stanca mai di esplorare nuovi orizzonti musicali.
Non avrei mai creduto che qualcuno quest’anno sarebbe riuscito a superare “Lights Out” degli Antimatter (non a caso questa e’ la band di Duncan Patterson, mente del gruppo al 50% insieme a Danny Cavanagh fino ad “Alternative 4”). E invece “A natural disaster” eguaglia, se non addirittura supera, quel disco. Fate vostro “A natural disaster”, concedetegli gli ascolti che si merita (non e’ immediato entrarci dentro) e poi ringraziate ancora una volta gli Anathema di esistere… “Your dreamworld is a very scary place to be trapped inside for all your life, shine in time until you find you’re closer to the truth within you”.

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