Dopo l’avventura nel mondo delle major di “Far from the sun” gli Amorphis tornano con questo “Eclipse” in ambienti più indipendenti (per quanto possa essere considerata tale la Nuclear Blast, che ormai a me sembra più una specie di “major del metal” che una “indie”). Avevo alcuni motivi per essere prevenuto nei confronti del valore della nuova fatica dei finnici, da una parte perchè avevo sopravvalutato il precedente disco (mi sono pentito in fretta del voto abbastanza elevato che gli avevo assegnato) e dall’altra perchè l’uscita dello storico cantante Pasi Koskinen poteva far sorgere dei dubbi sul futuro della band, tuttavia devo ammettere che “Eclipse” mi ha stupito. L’ultimo lavoro degli Amorphis è infatti un disco riuscito e decisamente piacevole da ascoltare, non è originale (essendo in pratica una specie di compendio di quanto fatto finora, potete quindi aspettarvi le classiche atmosfere orientaleggianti e folk, nonchè le chitarre tipiche della band e i richiami “settantiani”) ma la cosa non pesa. Il nuovo cantante poi si dimostra particolarmente efficace e valorizza le canzoni sia nei momenti più aggressivi (sembra che il ritorno dei growl sia stato voluto da lui) sia nelle parti più melodiche. L’opener dimostra subito la buona ispirazione, “Two moons” è infatti un brano accattivante e ben riuscito, aggressivo ma anche melodico, il feeling è tipicamente Amorphis. La successiva “House of sleep” invece richiama un po’ i Sentenced, ma rimane comunque gradevole pur non raggiungendo le vette del pezzo che la precede. E’ tuttavia con “Leaves scar” che le cose diventano serie! Questo brano infatti, aperto da atmosfere folkeggianti, si dipana in sfuriate (chitarroni e growl) e momenti più melodici (ma comunque “energetici”) che si fondono perfettamente tra loro, dopo svariati ascolti posso affermare che probabilmente l’apice del disco si trova qui. Meritano comunque una citazione anche “The smoke”, composizione più tranquilla, “Brother moon”, folkeggiante e capace di stamparsi in testa fin da subito, “Perkele (The god of fire)”, che richiama un po’ “Elegy”, e le buone ma meno interessanti “Same flesh”, dotata di inserti elettronici e voci femminili, ed “Empty opening”, che richiama “Tuonela”. Restano infine da nominare solo “Born from fire” ed “Under a soil and black stone”, che pur non essendo male non convincono del tutto (va sottolineato che nel digipack limitato è presente anche “Stone woman”, piacevole ma non eccezionale).

Insomma, “Eclipse” è davvero un gran bel ritorno, vivamente consigliato agli appassionati degli Amorphis (non penso che ne resteranno delusi), ma non solo a loro. A questo punto pare evidente quanto il lavorare sul “Kalevala” (a cui è ispirato questo disco e che in passato aveva già ispirato quel gran album che è “Tales from the thousand lakes”) porti buoni risultati alla band, ora si spera che le cose continuino così anche in futuro…

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