All bad things…

Capita, un venerdì sera, di leggere per caso un articolo e parlare con l’autrice circa il perché si è deciso di non seguire più un genere musicale. Mi sembra il minimo quando cinque anni fa un nanerottolo di nome R.J.Dio passa nel mondo dei più un mese dopo il trapasso di un altro tizio che nanerottolo non era ed era meno politicamente corretto del primo. Io son di parte ma Dead Again è un disco della madonna e la morte di Steele determina la fine dei Type O Negative mentre Gigi D’Alessio gode ancora di ottima salute. Ti tagli i capelli in segno di rispetto o forse perché ti accorgi che i trenta sono vicini e il brizzolato è meglio corto. E forse ti accorgi che non era necessario tenerli così lunghi per troppi anni, forse l’estetica del metallaro non impone che tu abbia i capelli lunghi, ma del passato son piene le fosse.

Passano gli anni. E scopri il blues, il post rock only instrumental, riscopri quel volpone di Gaber e ondeggi sulle note di Tatoo Lady pensando al tuo tempo buttato con i Manowar. Tzè ad averli ora i Manowar. Ascolti qualche nuovo pezzo consigliato sul iutubo, ma non ti fa né caldo né freddo; indietro non si torna e rimpiangi non aver qualche anno in più e aver perso l’occasione di aver visto en vivo i Pantera. Bazzichi sulla rete e scopri che i Metallica son riusciti a scrivere The Unforgiven 3; Diofa, ho ascoltato una volta Death Magnetic due anni dopo l’uscita e non son arrivato alla fine. Gli unici che non deludono rimangono Lemmy and co., ma loro son come i Bad Religion: granito inamovibile, la proverbiale torta della mamma: prendi e porta a casa.

Passano gli anni e ascolti nuova musica, generi che non avresti mai pensato di apprezzare. Si chiama maturità? No, non credo. Ascolti anche heavy metal e i dischi son sempre quelli targati prima dell’anno due zero zero e qualche cosa. Probabilmente è cambiata la tua sensibilità, ma se così fosse non ascolteresti proprio più il genere, non affiancheresti mai Rino Gaetano ai Children of Bodom nel lettore portatile. Sicuramente ci sono in circolazione gruppi che meritano l’ascolto e l’osanna nell’alto dei cieli, gente che non si limita a scimmiottare gli psichedelici anni settanta, i decadenti ottanta, ma non fa per me a meno che abbiate suggerimenti, solo, non pensiate che non sia aperto di vedute poiché mi cerco i gruppi su bandcamp ma di altro genere; probabilmente è anche sintomatico dell’età limitarsi a sorridere ascoltando I want out invece di sentir il sangue ribollire come a sedici anni forse son solo le parole di un vecchio che vuol ascoltare metal ma solo quello fino alla decade passata. O da buon vecchio la musica dura la preferisco rodata e sempre la stessa.

 

… must have…

 

Eppure quanti ragazzini vedo con le magliette metalluse come quelle che indossavo anche io solo quindici anni fa? Quasi le stesse. Appunto. Non voglio addentrarmi nelle questioni circa la visibilità della rete e della musica gratis. I nomi son gli stessi o quasi. E quando non ci saranno più? Quando calerà il sipario per l’ondata degli anni ottanta? Cosa rimarrà allora? Ci sarà qualcosa di nuovo, questo è tautologioco. Ma i tuoi anni migliori saranno solo un ricordo. Lo è ora Joy Tempest cotonato perché quando lo era avevi se va bene sei anni. E fra dieci anni? Continuerai ad ascoltare Last Command. Forse il problema non è solo legato agli anni, ma a quello che ti porti dietro. Al tuo bagaglio sonoro. Poco importa se sei riuscito o non sei riuscito a ficcare la lingua in bocca a quella biondina del liceo sulle note di My Michelle, sicuro non l’hai fatto con un pezzo dei Marduk. Se l’hai fatto ti stringo la mano e chiamo gli sbirri. Forse uno dei motivi dell’abbandono delle novità è stato un rifiuto nel vedere le band trascinarsi con solo la forza della gloria passata. Emblematici i Crue di cui vado pazzo solo per l’album con Corabi alla voce. Eppure come fenomeno da baraccone li ho amati divorando The Dirt, The Eroin Diary e Tatoo & Tequila; ho preferito di gran lunga il primo disco dei Sixx: I am che tanti pezzi dei Crue stessi. Beh, grazie a Dio dopo Generation Swine hanno deciso di terminarla qui, con quasi vent’anni di ritardo. Gli AC/DC stessa cosa per motivi di salute e di anzianità. Stessa cosa dovrebbero farla Judas Priest, Iron Maiden, Megadeth etc etc. Sarebbe il caso di finirla. Forse i giovani potrebbero davvero trovare il giusto spazio per quanto io difficilmente ci sarò.

Perché per chi ama la musica, a prescindere che non capisca un cazzo come il sottoscritto, frega solo del bagaglio sonoro. Le sensazioni che questa ti spinge dentro. Ai passi che ti fa muovere e le direzioni intraprese sono a quel ritmo, non solo per i ricordi per questo presente che continua a sfuggirci tra le mani. Un mondo senza libri sarebbe brutto, un mondo senza musica sarebbe semplicemente immorale. La musica ti fa pensare, ti accoglie a prescindere dal genere. E ti scuote dentro anche se è una lenta canzone di David Sylvian. E quindi non ci imponiamo di rimanere negli schemi di un genere o lo facciamo solo per i dischi che ci piacciono. Lo facciamo con delle note che si accordano con il noi di prima, di oggi perché noi siamo quello che mangiamo, amiamo e ascoltiamo. Ben venga il nuovo, ma non per noi. Ma non è mai detto che anche questo ci faccia prima o poi ballare ancora.

 

 

 

… and end.

 

Il prossimo anno saranno dieci anni dall’ultimo concerto dei Sentenced e cinque dalla morte di Steele. Inutile dire che queste band le amo e le ascolto ancora oggi, indubbiamente sono le mie preferite di sempre e per me non ci sarà altro. So che mi sbaglio perché qualcosa prima o poi ci sarà. Ma non ci saranno più quelle condizioni che mi hanno portato ad amare così tanto certi artisti nell’ambito musicale, forse anche e per via del tempo che riuscivo a dedicare alla musica oltre al mero ascolto. Già solo il non comprare più il disco ci ha tolto il privilegio nel sfogliare il libretto o leggere i credits. Col tempo le cazzate legate al mondo metallaro tipo Satana o i litri di birra ti hanno fatto perdere interesse perché non tolleri che un tizio con le corna sia il solo perdente di un mondo fatto a nostra stupidaggine e somiglianza e di birra ne hai bevuta per due vite intere. Le borchie stonano e i capi in pelle sono politicamente scorretti. Ma tu continui a fregartene come facevi allora. Quello che conta è una singola strofa o un riff che ti si inchioda alla testa. Sempre lo stesso.

Ab litum.

 

Di Giacomo Girolimetto