Salvador Dalì, Andy Warhol, Elvis Presley, Liza Minelli, Diana Ross, Groucho Marx, Gerald Ford, Frank Sinatra, John Lennon, Ringo Starr, Paul McCartney, George Harrison, Jimi Hendrix, Frank Zappa, Keith Moon e tantissimi altri. Questo è un elenco parziale di persone che un certo Alice Cooper ha conosciuto nella sua vita. C’è di che esserne fieri e, ciliegina sulla torta, il buon Vincent Damon Furnier (questo suo il nome di battesimo) imputa il fatto di avere una cerchia di amici del genere non tanto alla musica che ha prodotto negli anni, quanto al golf. Il GOLF? Si.

Andiamo un secondo con ordine: ultimamente va di moda tra le rockstar affermate e con un gran passato alle spalle, raccontare la propria storia attraverso decine di pagine ricoperte d’inchiostro. Diedero il La a quest’usanza i Motley Crue con il loro superlativo The Dirt, libro dall’alto contenuto a base di sesso, droga e rock’n’roll e da allora tantissimi altri hanno seguito questo carrozzone in maniera più o meno fortunata: Gene Simmons, Ozzy Osbourne, Biff Byford, Dave Mustaine, Lemmy e così via. Non stupisce, quindi, che anche Zio Alice abbia assaporato il gusto del successo editoriale e si sia messo in contatto con due scrittori/giornalisti per poter dar libero sfogo alla sua memoria ed imprimere su carta i suoi ricordi. Ha così origine un volume in cui fluiscono scenari di degrado urbano insieme a lustrini patinati ed horror, ma anche una dipendenza dall’alcool che ha portato il Nostro eroe più di una volta sull’orlo del baratro e che viene pian piano trasformata in una dipendenza dal gioco del golf.

In questo caso l’autore decide di strutturare il libro intervallandolo con i 12 passi che ha utilizzato per trasformare la sua persona in un golf-addicted e che l’hanno inconsciamente anche accompagnato nella vita, dai sobborghi fumosi ed industriali di Detroit fino alle spiagge di Malibu, dove vive tuttora. In effetti sembra che il passo dalle stalle alle stelle il buon Alice non ci abbia messo molto a farlo, in quanto il volume si sofferma moltissimo sul periodo in cui la sua depressione alcoolica raggiunge l’apice, cioè tra il finire degli anni ’70 e la prima metà degli ’80, tant’è che egli stesso non si ricorda nemmeno di aver registrato ben quattro dischi (da Flush Fashion del 1980 fino a DaDa del 1983).

Ciò che diede notorietà a Vincent, sin dal principio, fu shockare la gente, farlo in qualunque modo e forma per riuscire a far sgranare gli occhi alle persone. Ecco quindi il motivo per cui si presentava sul palco con un serpente, piuttosto che il perché di tutte quelle decapitazioni e morti violente che vedevano il suo personaggio come protagonista in ogni show. Già, il personaggio. È facile notare nel corso della narrazione come Alice parli di sé stesso in prima persona, ma quando nomina Alice Cooper lo fa in terza, come se considerasse quella che assume sul palco un’identità a sé stante, indipendente da lui. Questo tipo di approccio ha creato non poca confusione nella mente dell’autore, il quale confessa di essersi perso dentro sé stesso più e più volte e di essere stato “divorato” dal suo alter ego.

Tutto questo è Alice Cooper: uomo, showman, maniaco del golf e molto altro. Come direbbe Luigi Pirandello, uno, nessuno e centomila. In 250 pagine circa è racchiusa la storia di una vita, fluentemente narrata con l’aiuto di due autori professionisti dal protagonista stesso di quegli eventi. Insomma, una rockstar che, tra i suoi alti e bassi, spesso si chiede come possa essere ancora vivo dopo una vita di eccessi come la sua. E, in effetti, ce lo chiediamo anche noi.

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